L’inverno è terribile, non passa mai in questo paese… Una mattina ti svegli, eri ragazzo fino a ieri e adesso non lo sei più
Il paese in questione sarebbe Rimini, la provincia di Federico Fellini, e al contempo tutte le province del mondo (non a caso, Ennio Flaiano scrisse inizialmente la storia pensando alla sua Pescara, e le riprese si svolsero perlopiù tra Viterbo e Ostia).
Il film è I vitelloni, che compie settant’anni in questi giorni.
Cinque uomini tentano di ingannare la noia trascorrendo le serate al cinema e cogliendo tutte le occasioni per far festa. Solo uno di loro, il più maturo del gruppo, riesce a decifrare le proprie ansie, e ad avvertire l'insipienza di quella condizione di adolescenza prolungata; e una mattina senza dir niente pianta tutto e tutti e va a cercare fortuna nella capitale.
I vitelloni si apre proprio in quei giorni di fine estate, sancita dall’improvviso temporale che interrompe il concorso in spiaggia per eleggere la più bella del paese. Fellini, come tutti i provinciali d’origine, conosceva bene quel mondo, e lo avrebbe rievocato in altri amarcord. Conosceva, da abitante di una cittadina costiera, la desolazione del mare d’inverno, a cui abbandonarsi o da cui scappare.
I cinque "vitelloni" del film, giovani indolenti non più ragazzi ma non ancora adulti, trascorrono il tempo in attesa di qualcosa, cercando distrazioni per non pensare al futuro. Fausto (Franco Fabrizi) sposa la sorella di Moraldo (Franco Interlenghi) quando lei rimane incinta, ma lui continua ad andare dietro alle donne; Alberto (Alberto Sordi) è un guascone che si fa mantenere dalla sorella; Leopoldo (Leopoldo Trieste) ha aspirazioni intellettuali ma non conclude nulla; Riccardo (Riccardo Fellini) canta bene ma è anonimo; solo Moraldo, il più coscienzioso, sembra porsi il problema di cosa fare della propria vita.
Con una profondità e una verità rimaste intatte nonostante siano passati settant’anni, I vitelloni continua ancora oggi a parlare di noi e a noi. E di quella fase di transizione dalla giovinezza all’età adulta, con tutte le sue angosce, incertezze, velleità.
Dopo i flop al botteghino di Luci del varietà (1950) e Lo sceicco bianco (1952), per Fellini I vitelloni fu il film della svolta, il primo capolavoro che ne indirizzò la carriera, grazie al successo di pubblico e critica.
E fece da spartiacque anche per l’amico Sordi, all’epoca ritenuto un attore sgradito al pubblico, tanto che i distributori del film volevano cancellarne il nome dai manifesti. Invece, dopo quel film Sordi divenne… Sordi. E la celebre pernacchia ai lavoratori (che lui temeva potesse essere accolta male dal pubblico) si fissò nell’immaginario.
Meglio dimenticare la logora liturgia delle domande e delle risposte: fin dalle prime righe, questo volume ha i contorni di una gioiosa ribellione. Fellini trascina il libro in una fantasmagoria comica e sensuale, così personale e ricca di ricordi, così simile al mondo di sogno delle sue pellicole
A conferma della sua grande influenza, il film fu un’ispirazione fondamentale per Mean Streets (1973) di Martin Scorsese. Tra gli ammiratori più appassionati dei Vitelloni («un grande film su una città natale, la città natale di chiunque»), il regista italoamericano lo avrebbe omaggiato in un paio di scene anche in Quei bravi ragazzi (1990).
Un ragazzo italo-irlandese di Brooklyn, appagata l'aspirazione di diventare gangster, si pente e denuncia i membri della Famiglia con cui ha diviso trent'anni della sua vita tra omicidi, feste, rapine e amanti.
E sempre dalla provincia dei Vitelloni deriva la provincia di un altro capolavoro del cinema americano, American Graffiti (1973) di George Lucas, che cita il finale del film di Fellini, in cui una sola persona parte mentre tutti gli altri restano.
Quel finale commovente in cui il treno dove sale Moraldo scorre contemporaneamente sui binari e sui letti degli amici che stanno ancora dormendo. Mentre il piccolo aiutante del capostazione fa appena in tempo a salutarlo:
Moraldo, dove vai? Parti? Ma non stavi bene qua?
Moraldo, naturalmente, è Fellini, diretto a Roma dove avrebbe cambiato il cinema, ma questo lui ancora non lo sa.
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