Quando, nel 1957, il giovane liverpudlian George Harrrison riceve una a lungo desiderata chitarra per il suo tredicesimo compleanno ancora non sa che, con sommo godimento personale e altrui, rimarrà impigliato tra quelle sei corde per tutto il resto della sua esistenza, entrando nella storia della musica dalla porta principale e influenzando in maniera decisiva la cultura e i costumi del proprio tempo e di quello a venire.
Poco dopo, durante un viaggio in autobus, un compagno di studi, tale Paul McCartney, viene a conoscenza del fatto che George possiede una chitarra e gli propone di unirsi alla band di cui fa parte (Quarrymen), tra le cui fila si trova anche un ragazzo poco più grande di loro che risponde al nome di John Lennon.
Il testo si propone di indagare le affinità e le differenze tra i "pellegrinaggi" in Oriente di George Harrison, Hermann Hesse e Arthur Schopenhauer, ricercando un comune filo conduttore che metta in dialogo sfera musicale, letteraria e filosofica. Illusione, Maya, liberazione dall'io e risveglio spirituale saranno alcune delle direttrici fondamentali indagate tra le pagine, gli scritti e le note di queste tre diverse e affascinanti figure.
Il talento di Harrison appare subito evidente agli altri due, che non esitano a integrarlo nel gruppo. Di lì a poco il nome della formazione cambierà: nasceranno i Beatles e nulla sarà più come prima.
Dopo aver macinato serate ad Amburgo a inizio decade, quelli che vanno dal 1963 al 1970 sono anni in cui i Fab Four danno prova di slanci creativi inimmaginabili fino a quel momento, anni in cui il quartetto pubblica 13 album che includono per la maggior parte successi immortali a firma Lennon-McCartney. E George?
Oltre ad essere la chitarra solista, anche lui scrive e propone canzoni, ma raramente trovano spazio sui dischi: alla fine della vicenda, si conteranno 25 brani in cui George Harrison compare come autore o co-autore, tra i quali perle assolute come Don’t Bother Me, While My Guitar Gently Weeps, Something e Here Comes the Sun.
Subito dopo lo scioglimento dei Beatles nel 1970, George Harrison pubblica un triplo album in studio in cui riversa tutto il materiale accumulato e non utilizzato negli anni precedenti: All Things Must Pass, prodotto da Phil Spector, è un disco che ancora suona meravigliosamente attuale e comprende brani memorabili, tra i quali spiccano Wah-Wah, Isn’t it a Pity e My Sweet Lord, oltre a recare testimonianza della spiritualità e del misticismo di matrice orientale che il nostro aveva cominciato a coltivare già a metà anni ’60, in seguito all’incontro con il musicista indiano Ravi Shankar.
Già prima di inciderlo sapevo che sarebbe stato un grande album, Avevo un sacco di canzoni pronte e tanta energia. Fare il mio disco, a quel punto, dopo tutto quello che era successo, era gioia pura
All Things Must Pass è il terzo album solista di George Harrison (il primo dopo lo scioglimento dei Beatles), pubblicato il 27 novembre 1970 su etichetta Apple Records.
Proprio con il musicista indiano, organizza nel 1971 anche quello che può essere ricordato come il primo benefit-concert della storia, The Concert for Bangladesh, due serate a favore delle vittime della guerra e degli eventi climatici nel paese asiatico, che vedono sul palco del Madison Square Garden di New York anche amici del calibro di Bob Dylan, Eric Clapton e Ringo Starr. Ne risulterà anche in questo caso un triplo vinile che otterrà un ottimo riscontro commerciale e di critica.
Ma i tempi cambiano, così come i gusti degli appassionati e le necessità dell’industria discografica.
Living in the Material World (1973) e Dark Horse (1974) sono buoni album, le tematiche religiose e spirituali ricorrono ancora, ma appare evidente quanto la produzione musicale di George Harrison sia sottotono rispetto alle prove dell’immediato post-Beatles.
Disincantato rispetto al music business, afflitto da questioni sentimentali e da un travaglio interiore complicato da affrontare (in primis la difficoltà nel conciliare il deprecato material world con le esigenze dello spirito), Harrison continua a pubblicare dischi con una certa regolarità (e successo puntualmente inferiore alle attese) fino al 1982, momento in cui pone la musica in secondo piano per dedicarsi con maggiore assiduità e soddisfazione all’attività di produttore cinematografico intrapresa sul finire degli anni ’80 con la propria HandMade Films.
Cloud Nine è un album discografico di George Harrison, pubblicato dall'etichetta discografica Dark Horse Records/Warner Bros. Records il 2 novembre 1987.
L’amore per la musica non si è però mai spento ed è nel 1987 che l’artista britannico, con la collaborazione di Jeff Lynne e una manciata di amici fidati, pubblica Cloud Nine, disco tra i migliori della sua carriera (I Got My Mind Set on You e When We Was Fab le canzoni più celebri dell’album) che lo proietta di nuovo in testa alle classifiche di vendita dopo anni di delusioni e incomprensioni con il mondo musicale.
Rinfrancato dall’accoglienza riservata al suo ritorno sulle scene, Harrison ritrova l’entusiasmo e nell’anno seguente si unisce allo stesso Lynne, Bob Dylan, Tom Petty e Roy Orbison per formare i Traveling Wilburys, supergruppo che pubblicherà due album di notevole successo nel biennio ’88-‘90
Il decennio successivo vede il musicista britannico più defilato ma sempre attivo: produce i dischi di qualche collega, si concede alcune date live e segue la realizzazione del monumentale progetto Beatles Anthology con Ringo Starr e Paul McCartney.
Pochi anni dopo, nel novembre 2001, George Harrison abbandona la sua esistenza terrena mentre è ospite nella casa di Los Angeles di Ringo, amico di una vita.
Attenendosi alle sue ultime volontà, il corpo viene cremato e le ceneri sparse nel Gange.
Per fortuna rimangono le sue canzoni, così come il ricordo di una rockstar che non si è mai atteggiata a tale, un artista gentile, ironico e affascinante che non ha esitato a mostrare ed affrontare la propria fragilità, facendolo sentire più vicino ai tanti che lo hanno amato e apprezzato
Life flows on within you and without you
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