Il giorno seguente l’annuncio della scomparsa di Freddie Mercury, avvenuta il 24 novembre del 1991, il quotidiano britannico The Guardian ricordava l’artista con un articolo che si apriva in questo modo:
I Queen non sono mai stati un gruppo pop ordinario: il chitarrista Brian May si era laureato con lode in Fisica all’Imperial College London, il bassista John Deacon aveva conseguito la laurea in elettronica e il batterista Roger Taylor era un biologo. Ma l'imponente successo internazionale del gruppo non avrebbe mai potuto essere raggiunto senza Freddie Mercury
Ed è proprio così, perché stiamo scrivendo di una tra le più magnetiche e carismatiche figure che abbiano mai calcato un palco, un frontman capace di performance vocali e sceniche ancora oggi paradigma assoluto per qualsiasi cantante che voglia fregiarsi anche del titolo di entertainer.
Farrokh Bulsara, questo il suo vero nome, nasce a Zanzibar nel 1946 e trascorre l’infanzia e l’adolescenza tra Africa e India. Approda con la famiglia in Londra nel 1964 e mette subito in mostra le doti sviluppate in precedenza: è un giovane brillante e dai molteplici interessi, eccelle in vari sport e nelle arti figurative (sarà lui a realizzare il logo dei Queen) ma, più di tutto, ama la musica e suona il piano.
Grande fan di Jimi Hendrix, coglie l’occasione per entrare a sua volta nel mondo del rock grazie all’incontro con Brian May e Roger Taylor. È il 1970. L’anno successivo John Deacon completerà la formazione.
Inizia qui la parabola dei Queen, band divisiva come poche altre nel corso della storia della musica rock, amata senza riserve dai fan e attaccata appena possibile una critica la accusava di volta in volta di essere sopra le righe, barocca, ridondante e kitsch.
Noncurante, Freddie rispondeva così:
Il concetto che anima i Queen è quello di essere regali e maestosi. Il glamour è parte di noi e vogliamo essere dandy
Un cocktail sonoro sapientemente bilanciato fatto di hard-rock, glam, cabaret e opera ha caratterizzato gli album del gruppo di Freddie Mercury fin dall’inizio: agli iniziali Queen e Queen II fa seguito nel 1974 Sheer Heart Attack, l’album che include il brano Killer Queen, evidente dimostrazione delle doti di scrittura di Mercury che verranno ulteriormente esaltate nel successivo A Night at the Opera (anche Bohemian Rhapsody è infatti farina del sacco di Freddie).
Da questo momento in poi la carriera della band è tutta in discesa: fino al 1991 saranno pubblicati altri 10 dischi in studio, tra i quali vale la pena citare News of the World del 1977 (l’album di We Will Rock You e We Are the Champions), l’imprescindibile Live Killers (1979), testimonianza delle strepitose esibizioni dal vivo del gruppo all’epoca, e il capitolo finale Innuendo, una sorta di ritorno alla origini dopo vari tentativi di cambiare strada in favore di un sound che strizzasse l’occhio alla mode correnti.
Occorre rilevare comunque che in questo arco di tempo, a dispetto di una critica agguerrita e, va detto, di prove discografiche talvolta poco convincenti, la band non ha mai conosciuto cali di popolarità, dato confermato dall’impressionante numero di sold-out registrato ad ogni tour e dai numeri ragguardevoli relativi alle vendite dei loro album.
Ricollegandoci per un momento a quanto scritto nell’obituary del Guardian, occorre però rilevare quanto i Queen fossero probabilmente la band più adatta a valorizzare il talento Freddie Mercury: le sue prove soliste Mr. Bad Guy (1985) e Barcelona (1988), con il soprano spagnolo Montserrat Caballé, sono lavori interessanti ma disorientano non poco critica e pubblico.
Di
| Mondadori, 2019Di
| Sperling & Kupfer, 2020Di
| Arcana, 2019Di
| White Star, 2021Di
| Gremese Editore, 2021Di
| Arcana, 2013Chiudiamo ricordando che i Queen erano usciti indenni dal ciclone punk del 1977 che, teoricamente, avrebbe dovuto spazzarli via assieme ad altri “dinosauri”(così si diceva allora) del rock targato ’70.
Alla fine del 1991, anno in cui Freddie ci lascia e in cui esplode in fenomeno grunge, la raccolta dei Queen Greatest Hits II risulta il terzo disco più venduto.
Se Freddie Mercury fosse vivo ancora oggi, a dispetto dell’età, doversi confrontare con il suo modo di stare sulla scena e con la sua band sarebbe inevitabile per chiunque.
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