Sapore di sala

L'uomo che era quasi tutti gli italiani. Film e vita di Alberto Sordi

© Caro Alberto. Le lettere ritrovate nell'Archivio Sordi, di Alberto Crespi, Laterza, 2023

© Caro Alberto. Le lettere ritrovate nell'Archivio Sordi, di Alberto Crespi, Laterza, 2023

Nel film Una vita difficile di Dino Risi del 1961 Alberto Sordi è Silvio Magnozzi, partigiano romano che sul punto di essere ucciso da un tedesco, viene salvato da Elena, figlia della proprietaria di un albergo. Silvio si nasconde per qualche tempo in un mulino abbandonato, Elena gli porta da mangiare, nasce una relazione. Una notte l’uomo sparisce e lo ritroviamo a Roma dopo la Liberazione. Lavora in un giornale comunista e un giorno viene incaricato di fare un servizio sull’oro di Dongo, che è molto vicino al paese di Elena. Silvio telefona, Elena lo insulta, ma poi si presenta all’appuntamento e i due vanno a Roma insieme.

Illustrazione di Sofia Ferraro, 2023

Da quel momento l’ “idealista” Magnozzi vivrà tutte le vicende chiave dell’Italia di quegli anni: il referendum del 2 giugno 1946, che vede la vittoria della repubblica, le elezioni del 18 aprile 1948 (quelle della paura comunista), l’attentato a Togliatti del luglio di quell’anno che portò il Paese sull’orlo della rivoluzione, le lotte di classe che lo porteranno in prigione, l’integramento nella ditta del suo vecchio, ricco nemico. Nel frattempo il matrimonio con Elena, donna pratica, ha avuto i suoi problemi.

Alcuni episodi della Vita sono nel grande libro del cinema italiano: la cena in casa dei principi proprio al momento dell’annuncio che il re ha perso il referendum; Sordi che cerca di dare, disastrosamente, un esame di ingegneria, oppure ubriaco, a Viareggio, che sputa alle macchine che gli passano vicino; e ancora la scena finale del solenne schiaffo dato al commendatore che finisce in piscina.

E così Alberto è il modello, forte, delle cose che noi italiani abbiamo fatto, non solo sentite raccontare. Quello è un Sordi “impegnato”, magari ideologico, ma come sapeva essere lui. Ti faceva essere come lui. Certo i suoi ruoli non sono sempre stati di quel livello. La famosa battuta «Io me te magno», dove Nando Moriconi aggredisce un piatto di pastasciutta in Un americano a Roma, è roba tutta diversa. Eppure Sordi è anche quello, meno nobile, una macchietta direi. Lo preferisco nella “Vita difficile”.

Attore: certo grande, capace di tutto, capace di essere quasi-tutti-gli-italiani. L’ “Albertone nazionale”, sappiamo. Ma come si colloca nel nostro panteon? Il più grande attore? Era Gassman. Il più internazionale? Mastroianni. I più simpatici e divertenti? Manfredi e Tognazzi. Però Sordi, ribadisco, possedeva quella potenza di carattere e di identità che sorpassava l’attore ed era l’uomo.

Qualcosa di personale, mio, che definisce Sordi nella maniera più efficace. Mio padre Dante era un democristiano convinto, una volta ebbe l’occasione di stringere la mano a De Gasperi. Lo raccontava ad ogni occasione. Non era uno che andasse spesso al cinema, ma la Vita difficile lo colpì, molto. Di Sordi diceva: «A momenti quello lì mi fa diventare comunista.» Quella era la forza dell’uomo/attore Alberto Sordi. E non è roba da poco.  

L’azione di Sordi è talmente vasta e lunga che occorre stare alle sintesi fondamentali.
Direi a delle istantanee che attraversano il tempo. Non si può trascurare Oliver Hardy, Ollio, al quale Sordi dà la voce. E poi la radio e il teatro leggero. Ma la prima istantanea non è banale, c’entra Fellini che fa di Sordi il protagonista del suo primo film Lo sceicco bianco.  È una partenza certo felice. Riconfermata con I vitelloni. La memoria rimanda Sordi che improvvisa un tango in strada con Franco Fabrizi.

Illustrazione di Giulia Orlandi, 2023

Irrompe la stagione migliore di un Sordi quarantenne chiamato da gente come De Sica, Risi, Monicelli, Comencini, Petri. Eccolo l’italiano che rappresenta gli italiani. I titoli sono il già citato Una vita difficile che rimarrà sempre il ruolo identitario di Sordi, e poi Tutti a casa, Il boom, Mafioso, Il maestro di Vigevano. E ancora, La grande guerra dove si confronta, lui romano col milanese Gassman. La scena finale dove il soldato Sordi, che certo non è un eroe, decide di non dare un’informazione militare decisiva e si fa fucilare, è una delle più belle pagine dell’antologia del cinema italiano.

Nel 1966 decide di passare dietro la macchina da presa. Ma Sordi regista non si dimostra all’altezza dell’attore. La sua prima regia Fumo di Londra non decolla mai. Nei tempi, nel contenuto. Come regista Alberto trasforma il proprio personaggio, sfortunato con le donne - un modello esemplare, il “cretinetti”, come lo chiama Franca Valeri nel Vedovo – in un seduttore (quasi) irresistibile.

Illustrazione di Alicya Ferrari

Comunque, nella stagione “matura” evolve la sua personalità, tralasciando caratteri della commedia e della satira abrasiva per trasmettere toni moralistici e di saggezza spicciola. Deve molto, in questa fase, a Monica Vitti che col suo appeal e la sua bravura distoglie il pubblico da certe mancanze registiche. Tuttavia da quei due nasce un film all’altezza dei tempi d’oro, Polvere di stelle.

Nel 1994, 74enne, Sordi firma Nestore. L’ultima corsa, storia di un cavallo che non riesce più a trainare la carrozza. Il destino di Nestore sarebbe dunque il mattatoio. Sordi disse che c’era qualche analogia fra quell’animale che non sapeva più fare il suo lavoro e un attore ormai troppo vecchio che nessuno voleva.

A chiudere ribadisco: Alberto Sordi, grande personaggio che riusciva a rappresentare e influenzare il carattere semplice, quasi mai virtuoso, dell’italiano comune

Illustrazione di Irene Mazzola, 2023

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