Di Amore e di Morte, e di quello che per l’Amore è uno dei più potenti antidoti alla Morte, il Linguaggio.
"L’amore" è quello, assoluto e poetico, del giovane protagonista di Vita immortale e immortale della bambina di Milano per lei, la bambina che danza sul balcone di fronte alla sua finestra. È un’ammirazione sconfinata, per la figura di lei e per il suo modo di parlare; è un sentimento che nell’immaginazione di Mimì, ma anche nella realtà, viene posto al di sopra di tutto, degli amici, dei giochi.
Una bambina suadente, un duello, una nonna che possiede la chiave degli Inferi, l'esame di glottologia. Un racconto che incanta, la voce unica di uno dei piú grandi scrittori contemporanei.
"L’amore" è quello altrettanto incondizionato della nonna per il protagonista, dimostrato con un’abnegazione e una devozione che a Mimì risulta quasi fastidiosa. Con la figura della nonna, che ne è l’esempio più limpidamente spietato, Starnone porta sulla pagina anche un’analisi di dinamiche familiari e sociali: la voce nitida di un bambino racconta la condizione dell’anziana, sempre al servizio della famiglia ma ignorata da tutti.
È lei agli occhi di Mimì la più grande esperta di oltretomba e fosse dei morti; ed è lei, tra i numerosi familiari, l’unica testimone del suo amore per la bambina, forse riconoscendo un sentimento lontano ma mai dimenticato.
"L’amore" è ancora il primo amore adulto di Mimì, Nina, non più lirico e viscerale come quello dell’infanzia, ma attento alle apparenze, a mostrare la parte migliore di sé. Il sentimento adulto è il primo che ha a che fare con il compromesso, e a volte è lasciato in secondo piano per la scrittura e l’università. Poi, però, sarà proprio lo studio del linguaggio, durante la preparazione dell’esame di glottologia, a riportare in vita gli amori infantili.
Per ragioni misteriose, la scrittura mi pareva l’unica cosa che potessi lasciare, alla mia morte, senza un’impressione di spreco.
Così l’amore per la parola e per le storie è quello che permea l’intero libro, ripercorrendo i ricordi del protagonista, tra miti, racconti, realtà e finzione.
Come altri testi di Starnone, Vita mortale e immortale della bambina di Milano racconta anche il diventare scrittore, il percorso dall’immaginazione infantile a una lenta consapevolezza della vocazione artistica. Il Mimì adulto scrive la storia, per sconfiggere finalmente la morte, forse, o magari solo per il piacere della parola, “che travolge il corpo anche se scrivi con l’acqua sulla pietra in un giorno d’estate”.
In un libro che parla di linguaggio, parte essenziale sono le espressioni in napoletano, che Starnone riporta esattamente come pronunciate, e con gli studi del protagonista ne trascrive i suoni giocando sull’uso (più che attuale) dei simboli fonetici.
L’artéteca, – diceva/dicevano –, un’inquietudine insopportabile che non si sa come calmare; i riscenziéllə, un precipitare convulso, a occhi smerzati, nello svenimento; e l’ammore, il bacio, ’o vase, ah vasarsi, guaglió, nuncestanientecaèbelləcommənuvasə, tutt’abbracciati, stritt-stritt, e si nun capisce cos’è vasarsi, chesturiataffà?
A quel dialetto familiare si oppone l’italiano parlato dai vicini e poi in università, oggetto di ammirazione, lingua della cultura.
Il libro mette insieme i due mondi, il napoletano della nonna e l’italiano della bambina, e lascia che si alimentino e plasmino a vicenda. Starnone parla di una distanza che non si propone di colmare, ma che si fa racconto e riporta in vita entrambe.
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