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The Suicide Squad - Missione suicida di James Gunn

Un commando di personaggi strambi o dotati di super poteri, carcerati, viene liberato e coinvolto in una missione assai complicata in Sudamerica.

Secondo film su questi personaggi partoriti dalla DC Comics, dopo quello non convincente di David Ayer. Per risollevare le sorti della possibile serie viene chiamato il solido James Gunn, un regista non incline ai cliché e già capace di stupire con il dittico più che buono dei "Guardiani della galassia" – che lo aveva posto al centro dell’attenzione – e certamente avvezzo alle aderenze fantascientifiche.

Soprattutto, uno che non ama mai prendersi troppo sul serio (i suoi quattro film antecedenti alla svolta SF parlano chiaramente in tal senso) e gioca spesso con i suoi personaggi. Ecco, questa è probabilmente la chiave di lettura migliore dell'opera: la vena ironica che ne pervade la narrazione. Non a caso il regista ha tenuto per sé anche il ruolo di sceneggiatore e si vede.

Per il resto, il minutaggio è ampiamente sopra le due ore (il che rappresenta una brutta abitudine, se non necessario per reali ragioni drammaturgiche), gli effetti speciali sono oggettivamente perfetti, l'azione non ha tregua e altresì neppure un barlume di verosimiglianza (d’altronde, se si chiama fanta-scienza…). Tuttavia, se si vogliono apprezzare questi film, bisogna anche accettare che ci siano squali con le gambe, donnole a grandezza d'uomo e stelle marine spaziali giganti. Anzi, probabilmente il loro motivo di essere è proprio la spinta irresistibile verso la completa assenza di logica che non sia il pastiche caotico antirealista per definizione.

In cima al setaccio dell’analisi resta il personaggio dei pois ossessionato dalla madre (davvero esilarante, probabilmente la vera perla di tutto il lungometraggio), le schermaglie celoduriste tra Idris Elba e John Cena (e siamo al terzo wrestler-attore, dopo The Rock e Dave Bautista, che era stato inizialmente scelto proprio per il ruolo andato poi a Cena) e una nemmeno tanto velata critica alle azioni politiche statunitensi, unica nota seria – ma non seriosa – dell’opera. Accanto a loro la Lolita mortifera Margot Robbie e la boriosa Viola Davis. Tra i produttori spicca il nome di Zack Snyder (altro visionario d’eccellenza). In originale lo squalo è doppiato da Sylvester Stallone, da noi tocca Luca “Russell Crowe” Ward.

In sostanza: James Gunn, atteso alla conferma a quattro anni dal secondo capitolo delle sentinelle galattiche, conferma di saperci fare e la spinta sull'acceleratore dell'assurdo è talmente esasperata che finisce col produrre senso. Chi possiede una concezione più classica del cinema inevitabilmente fatica ad amare simili operazioni fracassone, tuttavia esse hanno un ampio pubblico e, se girate con efficacia spettacolare e la voglia di prendersi in giro, possono anche reggere. Questo film, per alcuni tratti, lo fa e riscatta l’esordio fiacco del suo predecessore.

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