E poi ci sono delle domande su cui mi arrovello. Ma non domande chissà quanto impegnative, tipo da dove veniamo, dove stiamo andando o perché siamo qui (che non mi sono mai posto, se volete saperlo). Si tratta, piuttosto, di cose che non mi spiego, eppure capitano di continuo pur essendo davvero inspiegabili, tant'è vero che la gente ti crede, se gliele fai notare.
Addirittura ride, tanto ci crede.
Vincenzo Malinconico, eccolo, è sempre lui il protagonista. L'avvocato che si arrabatta con le sue cause, l'uomo in analisi, il marito divorziato, il padre assente.
Anche un Vincenzo Malinconico ha dei sentimenti.
Anche un Vincenzo Malinconico si innamora.
E quanto soffre per amore!
Sono contrario alle emozioni è il romanzo più intimo della serie che Diego De Silva ha scritto attorno a questo personaggio, un equilibrista sempre sul punto di cadere, un mediatore scalcagnato, ma anche un uomo sensibile che cerca di nascondere la sua vulnerabilità.
Costellata di episodi grotteschi, la vita sentimentale di Vincenzo non è delle più felici. C'è la ex fidanzata molto bella (che sta per sposarsi) con la quale ha mantenuto un piacevole rapporto d'amicizia e qualcosa di più. C'è la donna affascinante, imprevedibile, incontrata in aeroporto che lo lascia quasi subito perché sta cercando altro. C'è il grande amore perduto e rimpianto ("E sì, mi manca ancora. Per quanto incomprensibile possa essere, sento ancora la sua mancanza").
Cosa accade quando Vincenzo Malinconico, re dei rimuginatori, si perde definitivamente nel rimuginio? Le riflessioni prendono corpo in un libro agile dove la scrittura si palesa al lettore in una delle sue versioni più artigianali ed efficaci: quella di strumento per capire come la pensiamo sulle cose.
Come tutti gli uomini over quaranta anche Vincenzo è spesso "attaccato da uno stormo di ricordi" legati alla sua vita, ma anche alla società in cui ha vissuto: ondate di sentimentalismo e rimpianti, altre e diverse emozioni. A scandire questi ricordi sono le piccole cose che non ci sono più o che sono talmente mutate da essere divenute "altro" (come il Carrarmato Perugina o il Soflì, la Girella o il Camillino con i disegni di Jacovitti), ma anche le canzoni, la musica leggera degli anni Settanta. E se potremmo dubitare della "portata avanguardistica" di Chissà se va, non possiamo negare che con Rumore la Carrà abbia reso popolare un sentimento di paura "antimetaforico e organico", con un'operazione "antiromantica e controculturale"...
De Silva, narrando con tono apparentemente semplice e leggero, decontamina sentimenti e ricordi - anche collettivi - dai luoghi comuni, rivalutando gusti e momenti non secondo la logica snobistica del critico di tendenza, ma perché il suo Vincenzo è così, limpidamente onesto con se stesso quanto reticente e infingardo con il prossimo.
Un uomo di tal fatta ha bisogno di qualcuno che "risolva problemi" e lui ha trovato Mr. Wolf, il suo analista. Non sembra assertivo come Harvey Keitel e decisamente non ha quel carisma, ma Vincenzo non è più così certo di potercela fare da solo.
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