Possiedo undici libri che non ho ancora letto. Alcuni li ho comprati usati per pochi euro, altri li ho cercati. Li ho comprati tutti d’impulso. Il protagonista del primo racconto di Antonio Franchini possiede i libri del padre. Suo padre non poteva rinunciare ai libri. Non possedeva soldi ma libri, e questa era la sua più grande ricchezza.
I protagonisti di questi racconti sono i libri. O meglio, le cose che si possono fare con i libri, oltre a leggerli: venderli, sbarazzarsene, persino bruciarli. In queste pagine, personaggi unici e originali fanno i conti con le loro piccole ossessioni e con i modi per superarle.
Senza più soldi, solo ai libri non potevi rinunciare; e hai continuato a ordinarli a me. Ci siamo scambiati i ruoli, ho pagato io per i tuoi ultimi acquisti
Una delle mie insegnanti in Accademia possiede un sacco di libri. Il motivo è molto semplice, è un’editor. Lavora in editoria. Come fa la seconda figura del libro. È un lettore di dattiloscritti. Un personaggio tormentato, perché tutti intorno a lui sentono il bisogno di raccontargli i propri libri. La lettura accompagna la sua vita e il possedere un manoscritto lo rende un uomo ben diverso dal protagonista del primo racconto. I libri per lui non hanno un ricordo felice o triste, non sono oggetti accumulati nel tempo ma pagine e pagine di persone che cercano la frase perfetta.
Ogni tanto penso che se tutto il tempo trascorso a leggere dattiloscritti di narrativa mediocre o infima, ma qualche volta anche buona e, più raramente, molto buona, l’avessi impiegato a leggere classici, oggi, a quarant’anni, non dominerei la letteratura universale, ma la tratterei con assai più confidenza di quanta non ne abbia
Terminata l’opera del consulente editoriale entra in gioco la terza figura di Franchini, quella che i libri li deve vendere.
Ce ne stava uno a Belvedere Marittimo, che si chiamava Nicastro Aristodemo, e un altro, a Lauria Superiore, che si chiamava Astuto Ciro, che ancora hanno conservato le sedie da barbiere del vecchio locale. E quando facevano le rese, restituivano i libri con i capelli e i peli in mezzo alle pagine
Le memorie di Proloco Falanga e del Dottor Beretta sono tra le pagine più complesse del libro. Non solo perché contengono molte parti in dialetto, ma perché raccontano un’Italia antica.
Non tutti i libri sono belli, non tutti i libri ci piacciono, anzi alcuni li vorremmo buttare appena ce li regalano. Negli anni sono nati molti modi per sbarazzarsi di un libro. Si possono lasciare ai mercatini, nelle librerie dell’usato, in biblioteca. Esiste anche un altro modo, bruciarli. L’ultima parte è dedicata ai libri brutti, a quelli belli, a tutti i libri del mondo. La voce narrante è quella dello stesso Franchini, che qui si fa alta. Parla del tormento che i libri possono generare a chi li possiede, a chi li legge, a chi li vende e anche a chi li scrive.
Capisco, pur nutrendo qualche dubbio, che si possa arrivare a voler bruciare la propria opera e, senza alcun dubbio, i propri libri, anche se io le rare volte in cui non ho bruciato ma gettato qualche libro l’ho fatto sempre di nascosto e con la vergogna di chi abbandona il cane in autostrada. Il fuoco distrugge, ma mai completamente, e purifica, se uno ci crede
Io possiedo undici libri mai aperti, ho letto almeno un libro al mese negli ultimi tre anni, non ho mai venduto un libro e non ne brucerò mai uno, anche se qualche testo che ho provato a scrivere l’ho gettato via. E tu?
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