In che modo possiamo affrontare la crisi odierna? Come riuscire a cambiare davvero? Le tendenze autocratiche ci ricordano che ciò che dobbiamo combattere e modificare non sono semplicemente posizioni o agende politiche, ma un certo atteggiamento mentale, un modo di guardare il mondo e di agire nel mondo. È buffo ma, non appena iniziamo ad opporci e a prendere le distanze, scopriamo quali sono i nostri valori e insieme le nostre mancanze e la nostra negligenza nel difenderli, quei valori. Perché, poco ma sicuro, anche noi abbiamo in parte contribuito - con la nostra passività o involontaria complicità - a creare i problemi che oggi ci troviamo davanti.
Con Leggere pericolosamente, edito da Adelphi, Azar Nafisi chiude il quartetto di romanzi di denuncia (Quell’altro mondo, Leggere Lolita a Teheran e La Repubblica dell’immaginazione). Anche per la stesura di questo ultimo libro attinge alle sue esperienze di vita in Iran e negli Stati Uniti.
L’autrice ci accompagna in una sorta di percorso di rinascita con delle lettere indirizzate al suo Baba jan (papà), recentemente scomparso, aprendoci gli occhi sulla realtà in cui viviamo. Per farlo fa sue le parole di diversi autori passati alla storia e che, per un motivo o per l’altro, infastidiscono il regime totalitario iraniano.
«Finché possiamo immaginare, siamo liberi» ha detto David Grossman. Ma – si potrebbe obiettare – non sarà un lusso riservato agli scrittori? In altre parole: la letteratura esercita un effettivo potere sulla nostra vita quotidiana?
Rushdie, Platone, Bradbury, Hurston, Morrison, Grossman, Ackerman, Khoury, Atwood, Baldwin e Coates: Azar Nafisi si serve di questi autori per dar voce ai suoi pensieri e alle sue preoccupazioni. Come sempre, l’autrice ci risveglia dal nostro torpore mettendoci davanti agli occhi una cruda realtà, senza mai lasciarci soli e accompagnandoci mano nella mano in un viaggio letterario dalle note agrodolci. Così come in Leggere Lolita a Teheran anche in Leggere pericolosamente, attraverso le parole degli autori a cui fa riferimento, impariamo una grandissima lezione: soltanto sfidando apertamente e guardando il nostro nemico negli occhi possiamo tenergli testa.
In questo paese abbiamo perso l’arte di relazionarci con l’opposizione. È qui che entra in scena la possibilità di leggere pericolosamente, perché insegna ad affrontare il nemico. Abbiamo bisogno di sapere come si trattano non solo amici e alleati, ma anche avversari e nemici. Conoscere il nemico significa scoprire se stessi.
Grazie alla cura e attenzione con cui viene scelta ogni singola parola, riusciamo ad immedesimarci perfettamente nei sentimenti condivisi dalla scrittrice e, nonostante la distanza culturale, riusciamo comunque a riconoscerci in quanto racconta:
Non appena si sedeva e attaccava con una delle mie storie serali preferite, la gioia inaspettata che mi prendeva era come una lieve scarica elettrica
Questa sensazione di scarica elettrica la proviamo anche noi leggendo le sue lettere. Decidendo di condividere la sua corrispondenza epistolare al padre, Azar Nafisi ci apre le porte del suo cuore facendoci entrare dapprima con delicatezza e poi travolgendoci con emozioni e sentimenti che, se solo ci fermiamo a riflettere, abbiamo provato anche noi nel corso della nostra vita. È proprio per questo che riusciamo a immergerci nella lettura e a rivivere le esperienze da lei condivise.
Una volta finito di leggere questo libro vorrete subito lanciarvi nella lettura di tutti i romanzi nominati e citati al suo interno e sono certa vorrete anche approfondire la conoscenza di Azar Nafisi immergendovi negli altri suoi capolavori, caratterizzati sempre da intrecci di ricordi autobiografici e opere letterarie passate.
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