Novembre, Norvegia, la neve è nell’aria, la poca luce caratteristiche di quelle alte latitudini oscura presto i boschi del Vestmarka, sulle alture del Sørfjellet. Tollak sta aspettando l’arrivo dei suoi figli. È passato molto tempo dall’ultima volta che sono venuti a trovarlo, ormai cresciuti Hillevi e Jan Vidar si sono allontanati dalla valle per vivere in città.
Tollak è un uomo di altri tempi, un uomo difficile e di poche parole. Ma questa volta ha deciso di parlare, di raccontare la sua verità.
Tollak è un uomo pieno di contraddizioni: testardo e sensibile, rude e orgoglioso. Un uomo impossibile, a detta di molti. Ormai vecchio e solo, barricato nella sua fattoria, non fa che imprecare contro il mondo che da tempo, per lui, ha smesso di avere senso. L’unica persona che lo teneva attaccato alla vita era lei: sua moglie Ingeborg, amatissima, scomparsa da qualche anno.
Sono Tollak di Ingeborg. Appartengo al passato. Lungi da me l’idea di trovare il mio posto da qualsiasi altra parte
Da quando sua moglie Ingeborg è scomparsa, qualche anno fa, non è più lo stesso. Schivo di carattere, rozzo e rude nei modi, la gente del paese lo rispettava solo perché al suo fianco c’era Ingeborg, l’unico legame di Tollak con la realtà, l’unica persona che lui abbia mai amato. Adesso che non c’è più si tiene alla larga da tutti, si è chiuso nel silenzio della sua ottusità, incapace di accettare i tempi che cambiano.
L’amavo in maniera totale, come nessun altro uomo ha mai amato una donna e maledico le forze demoniache che me l’hanno portata via
Tollak è arrabbiato, l’epoca in cui vive non gli piace e lui non piace a lei. È giunta veloce e ammaliante, ha spazzato via il suo mondo e le sue ritualità, ha portato nuovi modi di comunicare e di esplorare i sentimenti. Ma Tollak sa che non è roba per lui, lui di sentimenti non vuol parlare, è disdicevole e imbarazzante per un uomo. Solo Ingeborg conosceva quel lato di lui più nascosto e sensibile.
Perché tutti vogliono portarmi via il mio mondo?
Adesso però qualcosa è cambiato, è giunto il momento di raccontare, di svelare i suoi segreti prima che i cani mortali del cancro allo stomaco lo bracchino. Nell’attesa dell’arrivo dei suoi figli, Tollak ricostruisce la sua vita passata con Ingeborg, la figura esile e dolce, il suo modo di parlare erudito, la loro quotidianità aritmica.
Nella vita di Tollak solo una persona gli è rimasta accanto, fedele e leale: Oddo, detto Oddoloscemo in paese, è il terzo figlio adottato in famiglia. È stato Tollak a volerlo, a imporlo a Ingeborg e ai suoi figli quando la madre naturale lo ha abbandonato. È un ragazzo problematico ma è l’unico che accetta senza riserve i tempi e le movenze quasi ancestrali che ancora scandiscono la vita del protagonista narratore.
I figli, infatti, si sono rifiutati di capire; sua moglie Ingeborg, allo stesso modo, per quanto lo amasse, non sopportava più la caparbietà con cui suo marito si aggrappava al passato, e ne soffriva. Le liti e gli attacchi di rabbia che ne scaturivano, uniti all’alcolismo di Tollak, sono filtrati nel racconto dal tempo interiore del protagonista che ora prova a ricostruire, davvero, i passi che hanno portato alla scomparsa di sua moglie.
Con una scrittura scattante e ibrida che segue la linea dei pensieri del protagonista, Tore Renberg in La mia Ingeborg, per Fazi editore, è riuscito a dar vita a un personaggio complesso, sfaccettato, e a una storia familiare, specchio di una cultura norvegese, torbida e inquietante. L’autore ha fatto qualcosa di grande, è riuscito a dar vita a un libro che fino alla sua metà nasconde la sua vera natura. La mia Ingeborg, è infatti una storia d’amore che si tramuta in qualcosa di fastidioso, di scomodo, di sconcertante, e lo fa seminando piccole molliche di pane durante tutto il percorso.
Il risultato è un thriller ad alta tensione divenuto già best seller letterario, premiato come miglior libro dell’anno dai librai norvegesi e finalista del Premio Strega Europeo 2024.
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