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L'oro è giallo di Benedetta Fallucchi

Scrivere di sé è difficile. Scrivere delle proprie paure e delle proprie fissazioni è complesso, e spesso può servire un aiuto. In questo caso, l’aiutante scelto è molto particolare: la vescica.

Il mio corpo non è la casa quieta che vorrei. Neppure stanotte. È una cascina di campagna, con gli scricchiolii delle mura interne e lo zampettìo leggero di piccoli animali sulle travi di legno fradicio

L'oro è giallo
L'oro è giallo Di Benedetta Fallucchi;

Irriverente e contemporanea, la storia qui raccontata – intervallata da digressioni in cui l’autrice ci diverte con un florilegio di scenari in cui la vescica è protagonista, anche se spesso non ce ne accorgiamo – è un inno alla liberazione, nelle relazioni sociali come nel rapporto con il proprio corpo.

Ogni nostro pensiero, che ci piaccia o meno, ha una conseguenza sul nostro corpo, e ogni problema del nostro corpo si nasconde da qualche parte nel nostro cervello, in attesa di aiuto. E questa cosa la sa bene la protagonista de L’oro è giallo, una giovane madre che, da quando ha memoria, è ossessionata dalla propria vescica.

Come se stesse parlando allo specchio, la donna racconta la propria vita, e di essa tutti gli aneddoti che hanno avuto come protagoniste lei e il suo organo: dalle freudiane riflessioni sull’infanzia ai ricordi di una scapestrata e alcolica adolescenza; dalle minuscole paranoie ai traumi più grandi, tutti accomunati da un fastidioso e inopportuno bisogno primario.

Con paruresi, o “sindrome della vescica timida”, ci si riferisce all’incapacità di urinare in situazioni in cui si è esposti allo scrutinio, o al possibile scrutinio, di altre persone. Nel DSM-5 la paruresi è inclusa nella categoria diagnostica del disturbo d’ansia sociale

La vescica, dal canto suo, non rimane indifferente. Come un personaggio a tutti gli effetti, diviene lo specchio dell’emotività repressa della donna, intrappolata tra figli piccoli e un matrimonio disfunzionale. La vescica, con tutte le sue irriverenti complicazioni, tira in ballo pudore e senso di colpa, e, con la propria umiltà, spiana la strada al tema centrale del libro.

Ho iniziato a scrivere per ri-educare la mia vescica. Per tirare fuori ciò che c’era dentro, ed è così che ho trovato, seppellita come un cimelio impolverato ma ancora abbacinante, la vergogna

Destreggiandosi tra uomini arroganti e familiari sempre pronti a giudicare, la protagonista mette in luce una società misogina e, al contrario delle apparenze, tristemente inibita. Nel libro il dramma femminile diviene dramma personale, e viene accompagnato, tra capitolo e capitolo, dalla descrizione delle innumerevoli opere d’arte che rappresentano la nobilissima arte della minzione.

Quando la jeanneke pis cresce, la sua minzione si tinge di impudico, e quindi di erotico. Anche nelle raffigurazioni. Le donne che urinano sono più rare nella storia dell’arte, come se il tema declinato al femminile fin dall’inizio risultasse scabroso: le pisciatrici si prestano più all’eccitazione che all’allegoria

La routine da neogenitore e la necessità di avere tutto sotto controllo, in quanto donna e madre, si trasformano in quello che la protagonista chiama una «continente relazione col mondo», che sceglie proprio la vescica come deposito per l’angoscia. E quando la protagonista si trova lontana dal marito, in una assolata e difficile vacanza al mare col figlio, pericolosamente vicina a un altro uomo, il corpo si lamenta tramite il proprio prediletto, prescelto canale di sfogo.

Dopo la telefonata mi rialzo per andare in bagno.
La pipì brucia. Eccola l’infezione. Chiara, inequivocabile. Non è arrovellarsi sullo stimolo che c’è o non c’è. Certo, è di una coerenza disarmante che io mi sia presa un’infezione alle vie urinarie. E se fosse colpa mia? Una specie di profezia che si autoavvera.
Quante volte è normale andare al bagno in una giornata?
Ho eluso per anni una domanda così diretta, ho confuso le pipì precauzionali con quelle effettive, ho imputato i miei disturbi da gabinetto a fissazioni inclassificabili.

Con un tono spigliato e colloquiale, Benedetta Fallucchi crea una storia tagliente, provocatoria, e usa l’irriverenza per toccare corde dell’animo nascoste e importanti: il senso della vergogna, la sessualizzazione del corpo femminile, il peso dei ruoli di genere. La protagonista della storia (insieme alla sua vescica) offre uno spaccato dell’animo umano nella contemporaneità, e, con arguzia e abilità, si addentra nell’intimità più assoluta di ognuno di noi.

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