“L’anno del pensiero magico" è un libro straordinario perché Joan Didion, partendo dalla propria esperienza della morte del marito, del lutto, dalla perdita, riesce a toccare ogni scrittore, ogni scrittrice, ogni lettore e ogni lettrice, perché racconta che cosa vuol dire attraversare quel momento in cui tutto si sbriciola; lo fa unendo fiction, autobiografia e riflessione e per me leggerlo è stato un punto di svolta perché mi ha dato il permesso di iniziare a ibridare i generi, cosa che ho cercato di fare nel mio ultimo libro, "Stirpe e Vergogna”
Michela Marzano, filosofa e docente di filosofia morale presso l'Università di Parigi V: René Descartes, editorialista per La Repubblica e La Stampa, è autrice di diversi libri sulla condizione umana, i sentimenti e le fragilità. Tra questi, L’amore che mi resta (Einaudi, 2018) in cui narra il dolore di una madre che perde la figlia, Volevo essere una farfalla. Come l'anoressia mi ha insegnato a vivere (Mondadori, 2011), il racconto del suo lungo tormento e della guarigione dall’anoressia e L'amore è tutto. È tutto ciò che so dell'amore (UTET, 2013) col quale ha vinto il premio Bancarella nel 2014.
In Stripe e Vergogna, suo ultimo romanzo uscito a ottobre per Rizzoli, Michela Marzano racconta come l’Italia non abbia mai fatto i conti con il proprio passato fascista partendo da una vicenda privata, la scoperta dell’adesione al fascismo del nonno, per molto tempo tenutale nascosta. Come Joan Didion, la Marzano unisce storia, cronaca, sentimenti di un Paese e punto di vista personale.
Joan Didion, nata a Sacramento nel 1934 e recentemente scomparsa per le complicazioni del morbo di Parkinson, è infatti stata una delle esponenti più importanti del New Journalism, stile giornalistico nato tra gli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti che ha come caratteristica peculiare quella di narrare gli avvenimenti da un punto di vista personale, spesso con stile letterario. Una delle opere più rappresentative della Didion in questo senso è Verso Betlemme.
La casa editrice Il Saggiatore ha recentemente ripubblicato, con nuova veste grafica, alcuni dei libri più famosi di Joan Didion. Tra questi, "L’anno del pensiero magico", "Blue Nights", in cui racconta la perdita della figlia Quintana e "Idee fisse. L'America dopo l'11 settembre", sul giorno che ha cambiato per sempre l’America.
Giornalista, scrittrice, sceneggiatrice per il cinema con il marito John Gregory Dunne, Joan Didion è stata una delle autrici più rappresentative della letteratura americana contemporanea.
Quel debito con Hemingway
La scrittrice ha più volte dichiarato di dovere molto della sua capacità di scrittura a Hemingway, del quale ha subito l’influenza. In un’intervista del 1978 per The Paris Review, ha dichiarato: “Hemingway mi ha insegnato come funzionavano le frasi. Quando avevo quindici o sedici anni riscrivevo le sue storie per imparare come funzionavano le frasi.”
La sera del 30 dicembre 2003, dopo essere tornati dall’ospedale dove era ricoverata in coma la figlia Quintana, Joan e il marito si siedono a tavola e, improvvisamente, quest’ultimo si sente male e muore. A partire da ottobre 2004, la Didion scrive, in soli tre mesi, L’anno del pensiero magico, l’anno della sua vita successivo alla perdita dell’uomo che amava. Finalista per il premio Pulitzer, nel 2005 vince il National Book Award.
L’opera più famosa di Joan Didion è racconto del parossismo e della rinascita, memoriale dell’intimità violata, indagine giornalistica sulla solitudine e saggio sul destino e la speranza umana; è l’opera che meglio ha saputo raccontare il lutto e il dolore, toccando ferite ancora pulsanti, aprendone di nuove sulla pagina.
«La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita»
Ritrovarsi spiazzati, soli, con le certezze in frantumi. Tutto cambia. Dopo quarant’anni con la stessa persona, improvvisamente il lutto invade la tua vita, improvvisamente “la vita che conoscevi prima è finita”. Joan Didion racconta il dolore con precisione chirurgica e senza alcuna retorica. Ci porta con lei nel susseguirsi dei fatti, descritto minuziosamente. Siamo in ospedale con lei quando le annunciano la morte del marito, siamo con lei quando torna a casa e deve chiamare amici e familiari, quando si mette a letto per la prima notte in solitudine.
Dopo la morte del marito, per Joan inizia l’anno del pensiero magico. L’anno in cui “al livello più superficiale apparivo razionale. All’osservatore medio avrei dato l’impressione di capire pienamente che la morte era irreversibile”. Joan sa che John è morto, lo sa, ma la razionalità non può sottostare allo sconvolgimento emotivo, che porta all’illusione, al sogno di un ritorno del marito perduto. Lo capiamo quando rimane profondamente scossa dalla chiamata del medico per la donazione degli organi, o quando non riesce a sbarazzarsi delle ormai inutilizzate scarpe del marito.
Come poteva tornare indietro, John, se gli toglievano gli organi, come poteva tornare indietro se non aveva le scarpe?
Potremmo definire il libro una fenomenologia del dolore. L’autrice ci regala una riflessione profondamente intima e accurata sulla perdita, l’elaborazione del lutto, le domande che sorgono ripensando a una vita insieme. Scavando pian piano nel suo dolore si fa largo nell’angoscia che alberga in ciascuno di noi, per aver perso qualcuno, per il timore di perderlo, per la paura della solitudine. Joan Didion non fa sconti, il dolore investe il lettore, toglie il fiato.
Che cosa significa aver costruito l’intera esistenza sulla presenza di un altro essere umano e ritrovarsi improvvisamente soli, svuotati e senza punti di riferimento? La morte della persona con cui si è condiviso tutto porta con sé la perdita di parte della propria identità: ci si riscopre ad avere a che fare con un nuovo sé, che non comprende più l’altro. È ripartire da zero, iniziare una nuova vita.
Il matrimonio non è solo tempo: è anche, paradossalmente, la negazione del tempo. Per quarant'anni io mi sono vista con gli occhi di John. Non sono invecchiata. Quest'anno per la prima volta da quando avevo ventinove anni mi sono vista con gli occhi degli altri
Tutto ciò è estremamente difficile da affrontare, per questo i pensieri vagano altrove, diventano pensieri “magici”, pensieri che si nutrono dell’illusione che il proprio caro possa tornare, per questo si vive ciò che non si pensava di vivere:
Il dolore risulta essere un posto che nessuno conosce finché non ci arriva. Ci potremmo aspettare, se la morte è improvvisa, di avere uno choc. Non ci aspettiamo che questo choc sia obliterante, disarticolante per il corpo e per la mente. Ci potremmo aspettare di essere prostrati, inconsolabili, sconvolti dalla perdita. Non ci aspettiamo di impazzire, impazzire letteralmente, di diventare ossi duri, convinti che il marito stia per tornare indietro e che abbia bisogno delle scarpe
Joan Didion per un intero anno vive in un limbo, vive "come se i pensieri o i desideri avessero il potere di rovesciare la storia dei fatti". Ma il pensiero magico non può salvarla e pian piano prende consapevolezza della sua temporaneità. Il pensiero magico può solo lasciare gradualmente spazio alla realtà. Per poter andare avanti.
So perché ci sforziamo di impedire ai morti di morire: ci sforziamo di impedirglielo per tenerli con noi. So anche che, se dobbiamo continuare a vivere, viene il momento in cui dobbiamo abbandonarli, lasciarli andare, tenerceli così come sono, morti
Altre recensioni Cult!
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
I libri di Michela Marzano
Di
| Mondadori, 2019Di
| Einaudi, 2019Di
| Einaudi, 2018Di
| Mondadori, 2014Di
| Laterza, 2018Di
| Il Margine (Trento), 2021Di
| UTET, 2020Di
| Erickson, 2012Di
| Mondadori, 2012Conosci l'autore
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente