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Il club delle fate dei libri di Thomas Montasser

Tra le migliaia di corrieri che percorrono quotidianamente le strade delle nostre città ce n’è un tipo che è scomparso: i fattorini professionisti

Difficile capire se Victor Iordanescu, il protagonista de Il club delle fate dei libri (Feltrinelli), rientri in questa categoria. L’etica del lavoro certo non gli manca, così come una guida impavida e una premurosa cura verso il cliente, forse quella fin troppo eccessiva. Eppure, Victor si presenta più che altro come un sognatore.

Il club delle fate dei libri
Il club delle fate dei libri Di Thomas Montasser;

Victor Iordanescu non è certo un lettore forte. Mai si sarebbe sognato di frequentare abitualmente una libreria, se non fosse stato per un incontro. Giovane compositore di talento, si guadagna da vivere come fattorino. Perché, oggigiorno, chi è disposto a dare lavoro a un musicista in erba, per di più immigrato?

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Saranno gli studi pregressi al conservatorio per diventare compositore, una mente brillante che viaggia più veloce del suo furgoncino per le consegne, o forse il nome, già portatore di una qualsivoglia vena romantica. Così, quando durante l’ennesimo giorno passato a sfrecciare tra le vie di una cittadina sospesa, si imbatte in una cliente intrigante, la monotonia si spezza come d’incanto. Non è la prima volta infatti che il fattorino si trova davanti alla porta di Bianca Martini, ma quel giorno in mano ha un pacco insolito, una scatola contenente lingerie raffinata.

E inevitabilmente, la mente di Victor, già abituata a voli pindarici, decolla.

Ed è proprio la contraddizione ad affascinare l’uomo, il fatto che un’intellettuale come la Martini, abituata a ricevere soltanto pacchi colmi di libri, si sia abbandonata a un acquisto, per così dire, un po’ più frivolo, terrestre. E mentre Victor si impegna nel cercare di immaginare il volto della sua cliente, sempre trincerata dietro a una porta impenetrabile, decide di decifrarne anche i gusti di lettura. Per questo motivo si imbatte nella libreria "La fata dei libri", lui con la sua debole competenza letteraria, così poco incline ad analisi e introspezione, si affida per la sua missione alla libraia Claire. La donna suggerisce libri all’orecchio del fattorino, come un Cyrano esperto di parole che in questo caso però legge e non scrive.
E l’uomo si lascia guidare volentieri.

Il Cursus honorum letterario di Victor dunque, tra libri consigliati e sogni a occhi aperti, se da una parte ne esalta la sensibilità artistica, già innata nel suo essere un compositore mancato, dall’altra lo catapulta in incontri insoliti, quasi fiabeschi. Un bambino troppo sveglio, un cane ribattezzato Venerdì e poi ancora un gatto invisibile e un’anziana signora. Compagni di viaggio, punti di vista paralleli, che spalleggeranno l’uomo nel suo scopo, impreziosendo una quête amorosa dove il pellegrino in questione sembra impegnato non solo nella ricerca della persona amata, di cui non conosce nemmeno il volto, ma anche nei difficili meandri del viaggio più imprevedibile e complicato, quello dentro sé stesso.

Era la storia di un uomo solo che non voleva altro che una vita decente. Niente di eccezionale. Ma nemmeno niente di eccezionalmente difficile. Una di quelle vite che toccano a chi ha un lavoro, una famiglia, magari dei figli, che vedono i propri meriti riconosciuti e non devono preoccuparsi quotidianamente di quello che metteranno in tavola il giorno seguente. Come poteva una storia tanto banale essere scritta in modo così appassionante?

Victor se lo chiede, immancabilmente immedesimandosi con il protagonista di uno dei libri che sta leggendo. Forse trovando in quella monotonia tanto appassionante il riflesso della sua stessa vita.

Thomas Montasser gioca con la commedia degli equivoci, dove il lettore onnisciente, un passo avanti rispetto al protagonista, non si diverte alle sue spalle, ma fa il tifo per lui, incoraggiandolo affinché acceleri il ritmo, fino a godere compartecipe della rivelazione finale. Regala consigli di lettura celati nelle pagine, senza mai inceppare il meccanismo letterario o indebolendone la finzione creata ad arte, fornendo un decalogo di libri che coesiste naturalmente con la storia.
Mentre Victor sembra vivere due realtà, la sua e quella idealizzata in cui risiede la versione altrettanto idealizzata di Bianca, la routine di tutti i giorni si prende gioco di lui, elevandosi, garantendogli emozioni, scopi e riflessioni in grado di superare la più ordita delle trame. In un gioco di scatole cinesi, dove ogni libro sembra contenerne all’interno un altro, l’uomo viaggia tra pagine e strade in un labirinto infinito di cui noi soli conosciamo già la meta finale. Ma se, scomodando T.S. Eliot e il suo The journey not the arrival matters, a importare in fin dei conti è il tragitto, quello di Victor è il viaggio di un outsider che, pagina dopo pagina, da personaggio secondario si ritaglia il ruolo da protagonista la cui sorte non appare segnata, ma manovrata da quelle che sono le sue scelte e le sue azioni.

La nostra vita è diversa da quella di tutti gli altri. Perciò queste storie ci parlano, perciò ci riconosciamo – sì, comprendiamo un po’ meglio la nostra stessa vita perché impariamo a riconoscere la vita di questi personaggi.

Riconoscersi quindi nel contrasto, nello stacco rispetto alle esperienze degli altri. E Victor in fondo è un umile fattorino, un uomo semplice e apparentemente solo che si innamora di una figura idealizzata e appannata, per poi accorgersi, come nelle migliori storie, che il Santo Graal era lì, proprio a portata di mano.

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Thomas Montasser ha lavorato come giornalista, docente universitario e agente letterario. Ha scritto - sottolo pseudonimo di Fortunato - alcuni libri per bambini. Tra i suoi romanzi per adulti ricordiamo: La libreria di zia Charlotte (Neri Pozza, 2015) e Il romanzo degli istanti perfetti (DeA Planeta, 2017).

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