La redazione segnala

Città 30: molto più che un limite di velocità per le auto

Illustrazione digitale di Ilaria Coppola, 2023, diplomata al Liceo artistico Volta di Pavia

Illustrazione digitale di Ilaria Coppola, 2023, diplomata al Liceo artistico Volta di Pavia

Dall’inizio del 2023 a Milano si discute della controversa misura del Consiglio Comunale di abbassare il limite di velocità urbano da 50 km orari a 30 dal 2024. Questa è la bufala che riportano gran parte dei quotidiani e dei siti di attualità italiani.
Il Consiglio ha approvato un ordine del giorno che invita il Sindaco e la Giunta a proclamare Milano Città 30 entro un anno.
La dicitura Città 30 include il limite di velocità a 30 km orari, ma rappresenta un intero modello di città del futuro.

Purtroppo però per ottenere visualizzazioni e inserzioni chi dovrebbe fare informazione tende ormai a riportare notizie false purché siano divisive e provocanti. In questo caso specifico, la distorsione della notizia è un vero peccato, perché avrebbe potuto creare un dibattito sano e costruttivo su come trasformare le città per renderle ecologicamente e umanamente sostenibili.
Proviamo a darci degli strumenti per avviare una discussione tanto interessante quanto necessaria su questo tema.

La Città 30 non è un malvagio schema urbanistico che si vuole sperimentare su Milano prendendo di mira i poveri automobilisti, ma un modello che da anni viene applicato, interamente o parzialmente, in diverse città europee, tra cui Parigi, Barcellona, Valencia, Edimburgo, Copenaghen e molte altre.
Non si tratta semplicemente di imporre un limite di velocità a 30 chilometri orari, nonostante questa sia una misura già presente in diversi comuni italiani come Cesena, Reggio Emilio, Caserta, Vicenza, Verona, Genova, Firenze e Olbia (che non sono diventate inabitabili o deserte dopo aver ridotto il limite di velocità, anzi). Il progetto Città 30 implica un ripensamento complessivo della vita urbana e del linguaggio della strada, in cui il limite di velocità a 30 km non è che una conseguenza di una completa riqualificazione dello spazio pubblico.

Non c’è un unico modo di progettare una Città 30. Tutti i centri urbani sono diversi e non si parte da zero: bisogna trasformarli a partire da ciò che c’è già. Mentre a Parigi possiamo ammirare la trasformazione del Lungo Senna da strada di passaggio a luogo di incontro e di vita, a Barcellona assistiamo all’ampliamento dei superblocks di zone pedonali fino alla completa conversione della rete centrale in un’area pedonale e verde. Parliamo di grandi città europee, non di borghi dove queste misure potrebbero sembrare più semplici o scontate.
E per Milano, città che si vanta di essere la città più europea d’Italia, potrebbe essere arrivato il momento di prendere esempio da queste metropoli.

A Milano l’inquinamento da polveri sottili (le più note e pericolose sono il PM10 e il PM2.5) è un pericolo serio per la salute.
Secondo il Rapporto Mal’aria di città 2023 di Legambiente, Milano ha sforato i limiti legali di PM10 in ben 84 date. È la seconda città in Italia, il primato lo detiene Torino con 98 giorni.
Milano ha anche registrato valori che superano il limite normativo per quanto riguarda il PM2.5. Già solo per l’influenza negativa che l’intenso traffico automobilistico ha sulla qualità dell’aria l’intera città dovrebbe essere ripensata per diventare sana e sicura.

Perché al momento purtroppo le strade di Milano sono pericolose per ciclisti, pedoni e chiunque prediliga la mobilità dolce.
Dall’inizio del 2023 in Italia sono già morti 100 pedoni, circa un decesso ogni 17 ore. A Milano sono state uccise diverse persone in bicicletta, scatenando la rabbia e la solidarietà di cittadini e cittadine che si sono riunite in campagne e associazioni per fare azioni di sensibilizzazione e pressione sull’amministrazione.
Alcuni esempi sono la ciclabile umana ProteggiMI, la campagna Non vediamo l’ora per chiedere una pista ciclabile sul trafficato Ponte della Ghisolfa, l’azione sui trasporti di Fridays For Future Milano allo Sciopero Globale del 3 marzo e le iniziative dell’associazione Sai Che Puoi. È proprio quest’ultima a spingere perché il Comune adotti il modello Città 30.

Città 30 vuol dire città per le persone, ma soprattutto, secondo l’architetto Matteo Dondé - esperto italiano del tema - città per i bambini, perché se un luogo è sicuro per i bambini è sicuro per tutti.
Ovviamente non si tratta solo di sicurezza stradale, ma anche di benefici ambientali.
Il limite a 30 km orari diminuisce i momenti di accelerazione e frenata delle auto, che sono proprio la causa principale della diffusione di polveri sottili. Inoltre, se si seguisse l’esempio di Barcellona e si intensificasse la copertura arborea, l’aria delle città sarebbe più pulita e più fresca. Con gli effetti della crisi climatica già evidenti e debilitanti, gli alberi sono un’ottima difesa contro l’effetto dell’isola di calore urbana. E nonostante ciò che alcuni automobilisti e/o politici affermano, il prezzo da pagare in termini di tempo per gli spostamenti sarebbe minimo. Secondo alcuni studi su altre città del nord Europa, il tempo perso dal singolo automobilista sarebbe in media di 20-30 secondi al giorno.

I benefici sono anche sociali, tant’è che l’applicazione del modello Città 30 sarebbe una vera e propria vittoria politica per la cittadinanza. La strada tornerebbe a essere uno spazio di tutte e tutti, un luogo d’incontro e di vita.
In Italia l’80% dello spazio pubblico è costituito da strade. Infatti gli spazi della comunità non possono essere solo delle carreggiate ma anche devono essere luoghi vivibili da tutte le persone.
Città 30 non è solo un insieme di misure sanitarie, sociali e di sicurezza, ma un’opera di redistribuzione e democratizzazione dello spazio.
E in un mondo devastato dalla crisi climatica, in cui le persone faticano a spostarsi in sicurezza e in cui viviamo in modo sempre più isolato e frammentato, il ripensamento dei grandi centri urbani non può essere solo un’idea che crea scompiglio e fake news a Milano, ma un progetto di speranza per tutte le città.

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