A dodici anni dipingevo come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino
Pablo Picasso – che è un nome di comodo, perché in realtà aveva molti più nomi – era un genio. Facile a dirsi, oggi che lo conosciamo tutti e lo studiamo su qualsiasi manuale di storia dell’arte, eppure ci troviamo di fronte a un raro caso in cui la genialità era stata riconosciuta subito. Sin da bambino, si potrebbe dire (anche se, ovviamente, non con la grande eco che ebbe poi nella maturità). Picasso è simbolo di arte rivoluzionaria, di rottura, di sperimentazione, anche di prolificità se vogliamo, visto che la sua produzione conta migliaia di opere tra quadri, illustrazioni, sculture addirittura.
Di lui si dice che, come la sua arte, avesse un carattere indomito e non facile – ne sono testimoni gli amici e, soprattutto, le donne che ha frequentato e puntualmente tradito. Un uomo sempre alla ricerca della libertà più assoluta, una ricerca, questa, rispecchiata perfettamente nella sua pittura e nel tentativo di abbracciare linguaggi nuovi e di rottura. Fu accusato persino di aver contribuito al furto del secolo quando, nel 1911, venne rubata La Gioconda da Parigi: si scoprì, poi, che la responsabilità era di Vincenzo Peruggia, ma Picasso se la vide brutta insieme al suo amico Apollinaire, poi entrambi rilasciati.
Come da tradizione, la vita di Picasso è divisa in periodi, legati alla sua arte e al colore – emozione, atmosfera e sentimento, oltre che visione: il periodo blu, quello rosa, e poi la grande rivoluzione, il Cubismo.
Dipingere non è un’operazione estetica: è una forma di magia
Nell’anno 1900, Pablo e l’amico Carlos Casagemas avevano deciso di trasferirsi a Parigi: pittori entrambi, avrebbero frequentato uno degli ambienti più culturalmente ricchi e vivaci del tempo. Proprio Carlos, però, aveva riportato una ferita dolorosissima durante questo soggiorno, innamorato ma non ricambiato di Germaine Gargallo, una donna francese in cerca di fortuna. Ritornati in Spagna per fuggire dal dramma amoroso, Picasso fu colpito dal lutto che diede il via al suo primo periodo artistico: l’amico, tormentato dal sentimento irrealizzato, si sparò alla tempia il 17 febbraio 1901.
Il trauma che seguì sprofondò Pablo in una depressione tale che ne risentirono anche i suoi quadri, tutti dominati dai toni del blu: iniziava il periodo azul. Anche i temi non erano dei più felici, perché andavano dalla rappresentazione dei più miserabili – mendicanti, prostitute, reietti – alla morte stessa. Nessuno, peraltro, voleva acquistare o esporre i dipinti di Picasso, troppo depressi, non malinconici, semmai respingenti e disperati.
L’arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità
Soltanto nel 1904, quando si decise a tornare a Parigi per rimanervi, riuscì a riemergere dalla tristezza in cui versava. Complice fu la vivacità che lo circondava nel suo atelier francese a Montmartre, dove incontrò Fernande Olivier, donna dall’intelligenza raffinata e dalla bellezza proverbiale. Si legò strettamente ad Apollinaire, di cui diventò amico, dando vita a un periodo segnato non più dal blu, ma dal rosa, in cui dominavano l’amore, la poesia e la gioia. I personaggi sono arlecchini, artisti circensi, danzatori, simboli di movimento e di ritrovata passione per l’arte.
Del proprio mito, e di quello dell'avanguardia, Picasso era rimasto in qualche modo prigioniero: avanguardia significa giovinezza, e Picasso è vissuto in un sogno di giovinezza a oltranza
Giunse poi il periodo più famoso e fecondo, quello cubista. I prodromi si possono rintracciare nel 1907, con quell’opera magistrale destinata a rompere con qualsiasi tradizione storica e pittorica, Les demoiselles d’Avignon. Qui, Picasso prende il canone – la donna nuda – e lo piega a un nuovo linguaggio, fatto di soggetti ripetuti ma guardati da più punti di vista, di forme geometriche dure, di volti che appaiono come maschere. Svincolato da qualsiasi regola possibile, nessuno, nemmeno Apollinaire, riuscì a capire la strada che stava intraprendendo Picasso.
Ma la rivoluzione era cominciata, e ben presto si dedicò solo a questa nuova corrente che andava travolgendo il mondo artistico europeo. Sperimentò ogni limite di questa nuova scomposizione, arrivò sino all’eccesso, sino ai confini con l’astrattismo, dove però non voleva approdare. Attraverso il Cubismo, Picasso fu in grado di costruirsi una voce forte e nuova, che poté usare anche per l’impegno politico e per avere credito negli ambienti intellettuali. Con il suo Guernica riuscì meglio di molti altri a rappresentare l’orrore del conflitto, mentre con i suoi ritratti tentava di mettere su tela la completezza, l’intero delle prospettive, delle interpretazioni.
Di
| Adelphi, 1973Di
| Donzelli, 2003Di
| TEA, 2020Di
| Pgreco, 2012Di
| Abscondita, 2022Di
| Garzanti, 2022Di
| SE, 2020Di
| Mondadori Electa, 2022Di
| Abscondita, 2020Ti potrebbero interessare
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