Se anziché al sicuro Dio fosse stato quaggiù, di fronte a quelle sagome traballanti, all’eco delle loro urla contro il soffitto altissimo, al bagliore delle bombe che li rivelava di colpo per ciò che erano, due bambini, si sarebbe intenerito al pari di un vecchietto qualunque, e forse si sarebbe fatto carico del loro destino
Il nuovo romanzo di Rosella Postorino, Mi limitavo ad amare te, esce in tutte le librerie il 31 gennaio, ma non stiamo più nella pelle dalla voglia di leggerlo. Nell'attesa, l'autrice ci ha regalato qualche minuto in cui ci racconta il suo libro: guardate qui sotto la sua anticipazione. Del resto, chi meglio di lei per scoprire qualcosa di più?
L’attesa per il nuovo lavoro di Rosella Postorino è, non c’è altro modo per dirlo, trepidante: dopo il successo di Le assaggiatrici, bestseller in tutto il mondo che racconta la vita di Rosa Sauer, l’assaggiatrice di Hitler, abbiamo grandi aspettative, e sembra che non saranno deluse.
Omar vive in un orfanotrofio della Sarajevo flagellata dalla guerra. La perdita della madre l'ha reso inconsolabile, se non fosse per Nada, una bambina disperata come lui. Insieme intraprenderanno un viaggio verso l'Italia e, soprattutto, verso una nuova vita lontani dalla guerra.
Mi limitavo ad amare te è la storia di Omar e Nada, due bambini che vivono la loro giovinezza tra le bombe della Sarajevo del ’92. Una sinossi che in due righe ci porta alla mente le immagini spaventose cui ogni giorno siamo sottoposti per la guerra dei nostri anni in Europa, e questo libro arriva al momento giusto. In questa lettera inedita scritta per Maremosso, l'autrice ci racconta i retroscena più commoventi e appassionanti del nuovo romanzo.
Nel 2019 mi sono imbattuta in un articolo che raccontava la storia vera dei bambini di Sarajevo portati in Italia nel luglio del 1992 per scampare alla guerra, e mai più ritornati in Bosnia.
La maggioranza viveva in orfanotrofio, ma non si trattava soltanto di orfani: molti avevano genitori o altri parenti vivi, che erano però così poveri da non poterli mantenere, perciò li avevano affidati a una struttura che almeno garantisse loro tre pasti al giorno.
Nel caos della guerra, neppure si riuscirono ad avvertire i genitori della partenza dei figli. L’assedio non durò pochi mesi, come si ipotizzava all’inizio, bensì quattro anni. Diversi bambini furono adottati da famiglie italiane.
Alcuni di loro non hanno mai più rivisto i genitori naturali, altri invece li hanno ritrovati da adulti, quando avevano perso ogni speranza.
La vicenda dei bambini di Sarajevo è risuonata potente in me.
Per quattro anni mi ha accompagnato, diventando una storia di invenzione, un romanzo che racconta di madri e di figli, di che cosa significhi essere figli. Non solo figli abbandonati, ma figli in generale. Figli di donne e uomini, di una terra, di un’epoca. Esseri umani che hanno bisogno di legami, ma che dai legami spesso rifuggono.
In ogni relazione della mia vita, anche la più indispensabile, ho sempre oscillato tra la paura della perdita e il desiderio di slegarmi, e mi sono persuasa che non di rado funzioni così anche per gli altri.
Forse perché per respirare abbiamo lasciato il corpo di nostra madre, e sebbene la nostalgia di quella fusione, di ogni fusione, ci attanagli, temiamo pure che possa toglierci il respiro.
Mi limitavo ad amare te è un romanzo di guerra in cui la guerra diventa la metafora più schietta dell’istinto vitale umiliato a ogni battito dalla possibilità della morte.
È una storia di amicizia nata tra persone che non si sono scelte, e che però continueranno a scegliersi per la vita intera, malgrado non riescano a non ferirsi, ad abbandonarsi.
È una storia in cui la realtà è vista dallo sguardo di bambini e adolescenti. Ci sono giochi in preda all’euforia seppure in mezzo alle macerie, ciliegie da raccogliere sfidando i cecchini, alberi sopra i quali arrampicarsi, soprannomi buffi, canzoni da cantare in coro, piste di sabbia, mare di notte, stelle cadenti, primi baci. E poi c’è la complessità ineluttabile delle relazioni fra adulti.
È una storia d’amore, perché è amore la speranza che nasce furtiva dall’incontro con l’altro, anche quando non crediamo di poter più sperare. È amore la possibilità di ritrovarsi, anche dopo essersi persi o ingannati. È amore riconoscersi simili, proprio lì dove si è più fragili, e non doversi nascondere.
Mi limitavo ad amare te è un romanzo di promesse e tradimenti, di risa e di pianto, di ferite e di cura: a ogni pagina buio e luce, perché di buio e luce è fatta la vita.
Ho finito di scriverlo quando la guerra in Ucraina era già cominciata, con il suo portato di crudeltà che ricorda molto da vicino la guerra nei Balcani: le fosse comuni, gli stupri, i rifugiati, la propaganda, e soprattutto i tentennamenti dell’Europa. A quel punto, mi è parso giusto e necessario averlo scritto, e per questo spero che sia letto.
Rosella Postorino
Con questo viaggio, fisico – perché i due bambini sono caricati su un pullman e portati via – e sentimentale, perché dovranno imparare a fare i conti con quello che hanno vissuto, con la perdita e con un mondo nuovo, Rosella Postorino ci fa dono di una storia al contempo tenera e violenta, a tratti vertiginosa nello scavo degli animi dei personaggi, ma in cui la salvezza arriva solo dagli altri, e dalla fiducia che possiamo dar loro o guadagnarci.
Qui in redazione Maremosso abbiamo già letto Mi limitavo ad amare te: andate a scoprire le nostre recensioni e non perdetevi il nostro articolo su questo attesissimo libro!
Rosella Postorino è editor della collana Stile Libero Einaudi, e con il suo romanzo Le assaggiatrici ha vinto nel 2018 il Premio Campiello, il Rapallo, il Prix Jean Monnet francese e parecchi altri. Incontrerà i lettori sabato 4 febbraio alla Feltrinelli di piazza Piemonte, a Milano: occasione da non perdere, perché siamo sicuri che avrete già divorato il libro, per allora.
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