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Verso Sanremo: da Torino al mare sul treno di Calvino

Comincio questo racconto con un viaggio. Treno Torino-Ventimiglia. È la stessa tratta che seguiva Calvino quando dalla sua vita di città, prima come studente e poi come impiegato dell’Einaudi, ritornava a Sanremo. Le fermate sono tante e il treno, anche se adesso si chiama regionale veloce, un po’ di tempo per la verità ce lo mette: per percorrere tutta la linea, ventisette stazioni, ci vogliono oltre quattro ore e mezza. Sanremo è a due fermate dal capolinea.

Guardo fuori. Da Torino a Ventimiglia il paesaggio cambia, più volte.
Intorno a Torino è come te lo immagini: una ghirlanda di palazzi e palazzoni, con il Po a dividere il perimetro urbano dalla cintura. Qui alle case si affiancano capannoni, scheletri di siti industriali ridotti o dismessi, qualche orto. Nell’aria dominano i grigi, anche quando c’è il sole. Percorrendolo nei primi anni Cinquanta, Calvino probabilmente lo vedeva appena un po’ diverso: meno popoloso, forse meno denso di cemento e più precario nelle strutture, che si riassestavano dopo la guerra. Non credo però meno grigio, e così ce lo consegna nelle storie di Marcovaldo, nella Nuvola di smog, e nei racconti che scrive in quel periodo, alcuni dei quali—operai, fluviali, incompiuti—sono ambientati proprio nel capoluogo piemontese.

Passata Torino e la cintura, case più rade, e altri siti produttivi antichi, come l’ex-ILVA di Racconigi (oggi Arcelor Mittal—ma quante “ILVE” ci sono in Italia?) e l’ex-Fiat Ferroviaria di Savigliano (oggi Alstom).
Dopo Fossano la pianura si squaderna in valli, tagliate dal Maira e dal Gesso, e in squarci di piccole alture ricoperte di castagni e robinie.

Lentamente si arriva fino a Cuneo, medaglia d’oro al valore civile. È la provincia più resistente d’Italia, quella che ha dato più martiri alla Guerra di Liberazione. E di sicuro doveva pensarci, Italo, a Duccio Galimberti, a Dante Livio Bianco, a Nuto Revelli, quando il suo treno si fermava in questa città, sospesa come una forcella tra il Gesso e la Bisalta, la montagna a due punte con le vecchie miniere di uranio, e i covi dei partigiani nei boschi, oggi incalzati da vigne e noccioleti. Gli avranno fatto pensare, quei boschi, ai boschi intorno a Sanremo, appena fuori città. Boschi di rospi uccelli funghi. Boschi di castagni e licheni, con piccole radure seminate a spie. Ma soprattutto boschi di rododendri.

Lui, che partigiano era stato a vent’anni, li aveva conosciuti di persona, quei boschi, e aveva vissuto con le loro piante e i loro animali, il loro clima e i loro insetti, confondendosi con loro, fisicamente, mentalmente. Perché la resistenza non era stata solo una questione di armi, di lotte e di parole: ma anche di terreno, rami e radici, di umori e inedite simbiosi di materie viventi.
In quei boschi attorno a Sanremo, anzi, Italo aveva capito che esiste un’ecologia della resistenza; e gli animali, gli insetti, i parassiti, ci vivono dentro quanto i partigiani. È quanto ci dice nel Sentiero dei nidi di ragno e in molti racconti di Ultimo viene il corvo, le sue prime strabilianti prove narrative.

Intanto fuori dal finestrino già s’intravede la Liguria, e qui qualcosa muta. Attorno, ora sono oleandri, pini marittimi, aranci. Negli angoli di città ritagliati dalla ferrovia, piante di gelsomino e spalliere azzurre di plumbago. E poi altri oleandri, germoglianti da architetture che sanno di Francia. Dopo Finale, una galleria e il mare: eccolo.

A Pietra Ligure il treno cammina sul litorale. Ancora oleandri, bianchi rosa, fucsia, e fioriture rampicanti di ipomea. Ma palme, soprattutto palme, e poi magnolie e buganvillee, finché non si entra in mezzo a cortili chiusi di palazzi che stringono il cielo: azzurro, e non più grigio come fino a poco fa. Anche qui, ippocastani, tigli, glicini, e poi cipressi, e ulivi, e fichi, bambù, pitosfori e piante di limoni.
Doveva riconoscerli tutti, lui, che era cresciuto in mezzo alle piante, e non per accidente: la sua casa, Villa Meridiana, era un giardino botanico sperimentale, e i suoi genitori studiosi di piante la cui fama aveva varcato i confini prima della sua.

E doveva comprendere anche tutti i tratti dell’evoluzione di questo paesaggio, che già allora esprimeva nel suo stesso tessuto divisioni di classe vecchie e nuove, mentre le seconde case dei milanesi e le palazzine degli speculatori straziavano costa ed entroterra con furore selvaggio. È così, anzi, che è cambiato il volto dell’Italia, e Calvino ce lo racconta in tempo reale non solo nella Speculazione edilizia, ma anche in pagine memorabili di ricordi autobiografici, e perfino nel Barone rampante, dove Biagio, il fratello di Cosimo, lamenta “la furia della scure” che si era abbattuta su Ombrosa e su tutti i boschi che un tempo proliferavano in Europa.

E intanto fuori, il mare: Albenga, Alassio, Andora. Gli scogli e le spiagge, forse oggi meno estese di allora, dopo circa settant’anni di erosione e di cambiamenti climatici. Però l’effetto, tra una galleria e l’altra (sono tante!), dev’essere lo stesso: squarci di blu ed esplosioni di cemento, e chissà se c’era già quest’Hotel Aloha. Sicuramente non c’era l’impresa di costruzioni “Oikos”—nome provocatorio e mestamente comico, visto che è la stessa “oikos”, casa, che diventa “eco” nella parola “ecologia”, la nostra accogliente scienza della dimora. Laigueglia, Diano, Alassio. Il treno prosegue tra gallerie e costruzioni, fiumi che magri si avviano verso il mare; qualche muretto a secco—un’arte tutta ligure che oggi, per preservarla dall’estinzione, è diventata patrimonio immateriale dell’umanità.

Fa stranamente fresco per una giornata di metà maggio. Forse oggi pioverà. E si capisce: il meteo riserva sempre sorprese, anche se il clima dei prossimi decenni è facile da prevedere, e non per l’inverno nucleare che Calvino prefigurava nella Nuvola di smog.

Imperia. Il mio treno si avvicina finalmente a Sanremo, l’archetipo delle città invisibili. È lì che, con una deviazione a Cuba, è cominciato tutto. Ed è lì che, dopo anni e anni di pensieri e letture, vado a trovare la noce nel guscio—come scrive Italo nella Strada di San Giovanni, ancora una volta ricorrendo a un’immagine di piante e di semi, di frutti che crescono, di ambienti che si evolvono, di strade che si dipanano, di mondi che s’intrecciano.
Eccoci qua. Nel futuro che s’apre le mattine sono ancorate come barche in rada, dice Montale. Il nostro viaggio con Calvino è pronto a salpare.

Il viaggio continua

Italo Calvino. Lo scrittore che voleva essere invisibile

Di Antonio Serrano Cueto | Mondadori, 2023

Calvino

Di Silvio Perrella | Laterza, 2001

L'utopia discontinua. Saggi su Italo Calvino

Di Claudio Milanini | Carocci, 2022

Lo scoiattolo sulla Senna. L'avventura di Calvino a Parigi

Di Fabio Gambaro | Feltrinelli, 2023

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