La redazione segnala

Fridays for future: l'attivismo raccontato da chi lo fa

Ultimamente il tema dell’attivismo per il clima è salito agli onori della cronaca in seguito a un’azione del 14 ottobre 2022 alla National Gallery di Londra. Due attiviste del movimento Just Stop Oil hanno tirato della zuppa di pomodoro ai Girasoli di Van Gogh e si sono poi incollati al muro. Il loro messaggio era semplice: «Cos’è più importante: l’arte o la vita? C’è più preoccupazione per un dipinto o per il pianeta?»

Purtroppo, il gesto in sé stesso ha generato una discussione tanto superficiale quanto velenosa sui social. Il dibattito si è polarizzato tra chi dava alle attiviste delle criminali e chi difendeva l’azione a spada tratta. La sensazione è che, tra citazioni di Van Gogh stesso e lezioni di attivismo da persone che non l’hanno mai fatto, lo spunto per una discussione utile sul tema sia stato cannibalizzato da chi voleva semplicemente sfogarsi e avere ragione su qualcosa. Ma l’attivismo non è un argomento semplice. Non si può relegare a tweet di 200 parole e video di 60 secondi.

C’è invece da chiedersi: quali pratiche abbiamo a nostra disposizione per fare attivismo? Funzionano? L’azione della zuppa ha raggiunto l’obiettivo fissato? E quell’obiettivo aveva senso?
Le risposte a queste domande sono spesso soggettive e non possono essere universalizzate. Non si può parlare di attivismo senza calarlo nel contesto locale, temporale e politico. Motivo per cui alcuni movimenti, tra cui Fridays For Future, scelgono di dare libertà e potere decisionale ai nodi territoriali per organizzare le azioni locali, coordinandosi poi a livello nazionale e internazionale per le grandi manifestazioni.

La pratica di colpire (senza mai fare danni permanenti) opere d’arte con il fine di trasmettere l’urgenza della decarbonizzazione non è nuova per Just Stop Oil e le sue diramazioni in altri paesi. In generale, Just Stop Oil organizza azioni di disobbedienza civile nonviolenta (ad esempio blocchi stradali, performance artistiche, digiuni). E secondo uno studio di Social Change Lab, nonostante le critiche a caldo, queste pratiche stanno convincendo una fetta di popolazione della gravità della crisi climatica. Inoltre, chi mette in atto la disobbedienza civile nonviolenta non lo fa senza una linea, ma segue dei ragionamenti collettivi ben precisi. Il caso più noto è sicuramente il movimento Extinction Rebellion, che racconta i suoi obiettivi, metodi e vissuti nel libro Questa non è un’esercitazione.

L’efficacia della disobbedienza nonviolenta è stata però messa in dubbio più volte e per diversi motivi. Un testo breve ed esaustivo a tal proposito è Come far saltare un oleodotto di Andreas Malm. Secondo Malm la nonviolenza ha dei limiti e in passato i movimenti hanno ottenuto risultati solo quando accompagnati da un «fianco radicale» che alzasse l’asticella del conflitto, tramite azioni che possono essere considerate più minacciose o violente. In altre parole, Malm nota come il «fianco radicale» di diversi movimenti ha fatto sì che le rivendicazioni delle parti più moderate e nonviolente diventassero ragionevoli e accettabili dalle istituzioni poiché i militanti più radicali aumentavano il livello di rischio. È interessante notare che per “violenza” Malm intende anche violenza verso le cose – in altre parole, i sabotaggi – come azione che danneggia irrimediabilmente un oggetto.

Un’azione può avere diversi obiettivi, tendenzialmente divisi tra sensibilizzazione, sabotaggio e pressione (politica o su aziende). L’azione alla National Gallery non era un sabotaggio. Non ha danneggiato irrimediabilmente il quadro. Non ha fatto pressione diretta sul governo – credo sia chiaro a chiunque che il trade off «fermate il fossile sennò tiriamo cibo ai capolavori» non funziona. Infatti le attiviste hanno dichiarato che l’obiettivo era sensibilizzare, mostrando le contraddizioni di una società che si scandalizza più per un barattolo di zuppa su un vetro che per i magnati del fossile che continuano a fare profitti d’oro calpestando la vita sul pianeta.

L’obiettivo, oggettivamente, è stato raggiungo, perché il web si è scandalizzato e se ne sta parlando. Il problema è, secondo me, che si sta parlando dell’azione in sé e non del clima. Mi piacerebbe scoprire che tante persone si sono mobilitate dopo questa azione, ma temo che si sia creata una dinamica di «armiamoci e partite». Chi era favorevole all’azione l’ha detto, ha dato una pacca sulle spalle alle attiviste e basta.

Io ritengo sia più urgente coinvolgere le persone, farle sentire parte della lotta, sottolineare come la crisi climatica influenzi tutto ciò che ci è caro o necessario. In Italia è fondamentale creare legami con chi lavora e rischia di pagare le conseguenze della crisi con salute, posto di lavoro e bollette. Fridays For Future sta cercando di sviluppare questo discorso nella convergenza con il Collettivo di Fabbrica Ex GKN. Questo non significa per forza che non ci sia spazio in assoluto per azioni come quelle di Just Stop Oil, ma credo sia necessario progettarle strategicamente in un’ottica di intersezionalità e coinvolgimento di massa, insieme ad altre persone e movimenti. 

Le mie però sono sempre solo riflessioni, non risposte. È impossibile avere risposte esatte e concise, perché l’attivismo non si basa su esperimenti ripetuti in un sistema isolato, si testa direttamente sul campo. È in continuo divenire e sicuramente non può essere rinchiuso in un tweet o in un articolo come questo. Quindi a voi che leggete l’ardua sentenza. Non ai posteri, perché se non agiamo subito loro non avranno il lusso di parlare di zuppa e quadri.

Ti potrebbero interessare

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente