La redazione segnala

Cento anni della fondazione della Repubblica di Turchia

Illustrazione digitale di Marta Punxo, 2023

Illustrazione digitale di Marta Punxo, 2023

In questi giorni, un turista che si trovasse a passeggiare per le strade di una qualsiasi città della Turchia non potrebbe evitare di imbattersi in un manifesto o in una locandina dove compaiono le scritte “Türkiye yüzyıla başlıyor” (La Turchia inizia il secolo) o “Ebediyen Cumhuriyet” (Repubblica per sempre).

Dappertutto è possibile vedere esposta la bandiera di colore rosso con la luna e la stella a cinque punte, entrambe bianche. Tutto questo è stato predisposto perché, il prossimo 29 ottobre, la Repubblica di Turchia si prepara a celebrare il suo primo secolo di vita.

L’atmosfera è di grande attesa ed entusiasmo. Da sempre questa data rappresenta un appuntamento centrale nel calendario turco, in quanto parte di un momento essenziale della propria storia. A sottolineare l’importanza dell’evento basti pensare che ai festeggiamenti sono dedicati ben due giorni, dalle 13 del 28 ottobre fino alla sera del 29.

In questa data, ormai un secolo fa, la Repubblica di Turchia venne proclamata ufficialmente, dopo che il trattato siglato a Losanna il 24 luglio dello stesso anno l’aveva riconosciuta come nuovo Stato, nato dalle ceneri dell’Impero Ottomano.

Da Impero a Stato-nazione

La prima guerra mondiale si era conclusa con la sconfitta degli Imperi Centrali. Le potenze dell’Intesa avevano occupato Istanbul e fatto praticamente prigioniero il sultano.

Nel 1920, i rappresentanti del sultano avevano firmato il trattato di Sèvres, che però non fu mai ratificato per via dell’opposizione dei nazionalisti turchi, guidati dal generale Mustafa Kemal. Grazie alla tenacia del popolo turco e alla strategia del suo comandante, dopo una guerra sanguinosa, le truppe straniere vennero cacciate dall’Anatolia.

Mustafa Kemal ha un ruolo centrale nella storia della Turchia, sarà proprio lui, divenuto un eroe nazionale, a guidare il processo di creazione della Repubblica di Turchia, dimostrando doti di grande statista, oltre che di valoroso capo militare. La resistenza incontrata costrinse le forze alleate a convocare una nuova conferenza di pace, che si sarebbe tenuta a Losanna.

I lavori della conferenza, iniziati nell’ottobre del 1922, si conclusero l’anno seguente con la firma di un trattato che definiva nuovi confini della Turchia, nuove clausole economiche e giuridiche e il riconoscimento agli armeni, agli ebrei e ai greci dei diritti spettanti alle minoranze.

Questo status non venne riconosciuto ai curdi, avendo i negoziatori turchi utilizzato il principio religioso-identitario, che negava a questa popolazione la definizione di minoranza, perché parte integrante della maggioranza musulmana.

Il 24 luglio İsmet İnönü, nuovo ministro degli Esteri turco, firmò con una penna regalatagli dallo stesso Kemal il documento che cancellava il trattato di Sèvres. Questo accordo era carico di significato per il futuro, perché sanciva il riconoscimento internazionale della “Repubblica di Turchia”.

La Repubblica di Turchia (Türkiye Cumhuriyeti) venne proclamata ufficialmente il 29 ottobre 1923. Il Parlamento elesse Mustafa Kemal Presidente della Repubblica. İsmet İnönü venne nominato primo ministro. Ankara diventava la capitale del nuovo Stato, mentre Istanbul restava la sede del califfo (almeno fino all’anno successivo, quando il califfato fu abolito e l’ultimo califfo lasciò il paese a bordo dell’Orient Express diretto in Svizzera).

Uno sguardo rivolto a Occidente

La civiltà è un fuoco possente, che distrugge quelli che la ignorano.

Si tratta di una delle frasi più famose di Mustafa Kemal, che nel 1934 assunse il nome di Atatürk, “Padre dei turchi” (per un approfondimento si consiglia la lettura di Atatürk. Il fondatore della Turchia moderna di Fabio L. Grassi).

Atatürk. Il fondatore della Turchia moderna

A settant’anni dalla morte, la prima biografia italiana di Kemal Atatürk, per studiare la profonda attualità del leader politico artefice dello storico processo di modernizzazione della società turca.

Fu con questa consapevolezza che, alla proclamazione della Repubblica, seguì un periodo di riforme che avrebbe cambiato radicalmente il volto del paese.

Questo insieme di riforme aveva come obiettivo “l’occidentalizzazione” del nuovo Stato, intesa come “modernizzazione”, mediante l’adozione della cultura europea nella politica, nel diritto, nell’economia e, soprattutto, nella società. Nelle intenzioni della classe dirigente turca e del suo leader c’era infatti la volontà di creare anche un nuovo cittadino turco, inserito in un contesto moderno e vestito all’occidentale.

La riforma più significativa è rappresentata dalla secolarizzazione della società. Il principio della laicità dello Stato rappresenta il lascito più significativo di Atatürk. L’abolizione del califfato era un passo necessario per giungere a questo risultato. La religione venne rimossa dalla sfera dell’ordine pubblico e venne limitata esclusivamente a quella della morale, del comportamento individuale e della fede. Seguì l’abolizione della gerarchia religiosa.

La sharia venne sostituita con codici derivati dal diritto europeo. La formazione dei nuovi cittadini turchi non poteva più avvenire nelle scuole religiose, le madrase, che avevano avuto il monopolio dell’educazione fino a quel momento.

Tutti questi cambiamenti sono sopravvissuti alla morte di Atatürk, avvenuta nel 1938, caratterizzando la Turchia per tutto il suo primo secolo di storia. Si può veramente affermare che la Turchia moderna sia figlia di Atatürk.

Un secolo di storia... è il momento di tirare le somme

Senza i cambiamenti introdotti dal suo fondatore, la Turchia non avrebbe potuto avviare nel 2005 i negoziati di adesione all’Unione Europea. È in questo momento che si afferma la leadership di Recep Tayyp Erdoğan.

Erdoğan, di umili origini, viene da una famiglia devota e conservatrice dei quartieri popolari di Istanbul, città di cui è stato anche sindaco. Il partito da lui fondato, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, vinse le elezioni nel 2002. Sarà proprio lui ad avviare un dialogo con le Istituzioni europee.

Inizialmente il linguaggio di Erdoğan si distingue per i toni fortemente progressisti, questo gli farà acquisire stima e considerazione a Bruxelles. Viene visto come colui che sta riuscendo a conciliare l’islam e la democrazia, promuovendo valori tradizionali e religiosi che, seppure in modo incoerente, si affiancano, senza mai sostituirsi, alla celebrazione di Atatürk.

In Europa il sogno turco di entrare a far parte della grande famiglia europea è ampiamente condiviso.

Dopo pochi anni dall’avvio dei negoziati sorgono, però, alcuni ostacoli, che infrangono le speranze della Turchia in Europa. Il clima di generale favore verso Ankara muta in seguito all’elezione di Nicolas Sarcozy in Francia e di Angela Merkel in Germania, fortemente critici verso l’ingresso di un paese musulmano nell’UE.

A ciò si aggiunge l’infiammarsi della questione cipriota. Queste ragioni faranno sfumare le prospettive dell’adesione della Turchia all’Europa. Gradualmente si giungerà al congelamento delle trattative. Questo indurrà Erdoğan, che nel frattempo ha mutato la sua retorica in chiave populista, a cercare nuovi partner sullo scacchiere internazionale. Vanno letti in quest’ottica il riavvicinamento della Turchia alla Russia, dopo la crisi causata dall’abbattimento di un caccia russo Su-24 nello spazio aereo turco, e i nuovi legami stretti con l’Iran.

Le relazioni instaurate da Ankara con Russia e Iran non potevano non avere ripercussioni nei rapporti con gli alleati occidentali, soprattutto con gli Stati Uniti e, quindi, con la NATO.

Alle già citate difficoltà con l’Unione Europea si sono aggiunte quelle legate alla liberalizzazione dei visti, alla gestione dei rifugiati e alle conseguenze del tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016. Si può dire che l’involuzione democratica seguita a questo evento abbia eliminato anche la più remota speranza dell’ingresso della Turchia in Europa nel prossimo futuro.

Le ultime elezioni hanno riconfermato Erdoğan per il suo terzo mandato come Presidente della Repubblica. Questa volta, però, la vittoria è arrivata al secondo turno, con uno scarto di appena 4 punti percentuali.

Nonostante il successo elettorale, Erdoğan si trova ad affrontare, oltre a un’opposizione ampia e sufficientemente compatta, anche problemi che si sono fortemente aggravati negli ultimi anni: soprattutto la situazione economica incerta, i rapporti sempre più difficili con gli alleati occidentali e la questione dei rifugiati siriani ospitati dalla Turchia (quasi quattro milioni).

A ciò si deve aggiungere la ricostruzione promessa da Erdoğan dopo il terremoto che a inizio febbraio scorso ha colpito violentemente la parte sud est del paese.

Il 2023 si presenta, quindi, come un anno storico.
A un secolo dalla nascita della Turchia moderna e a un decennio dalla protesta anti-governativa di Gezi Park, il paese si appresta ad affrontare sfide decisive all’alba del “nuovo secolo turco”.

Libri per approfondire la storia della Turchia

Atatürk. Il fondatore della Turchia moderna

Di Fabio L. Grassi | Salerno Editrice, 2020

La fine dell'impero ottomano

Di Giorgio Del Zanna | Il Mulino, 2013

Storia della Turchia contemporanea

Di Antonello Biagini | Bompiani, 2017

Sovranismo islamico. Erdogan e il ritorno della grande Turchia

Di Federico Donelli | Luiss University Press, 2019

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