Personaggi dickensiani, presenze per lunghi tempi, quotidiane, a cui ci si abitua senza quasi interagire con i loro mondi solitari. Sono alcuni volti rimasti impressi nella mia memoria in questi vent’anni di vita in libreria.
Senza tetto, o persone con pesi indicibili nell’animo e nei loro improvvisati bagagli, che ogni mattina, all’apertura, erano quasi sempre i primi ad entrare in questa casa di libri e carta per cercare di trovare, per alcune ore, una sospensione alla solitudine ed emarginazione, e fuggire con l’immaginazione tra le pagine di un libro, spesso preso a caso dallo scaffale più vicino.
Ed ecco, per mesi e mesi, l’anziano solo, che bandiva il suo bastone, appena valicata l’entrata, come fosse una spada per scoraggiare qualunque avventore pronto a sedersi impunemente sulla “sua” poltrona. Passava ore a dormicchiare, ma anche a sorridere tra sé e sé, forse felice per la sola compagnia di chi, distrattamente, gli passava accanto degnandolo di uno sguardo o di un accenno di un saluto.
O anche l’uomo con la valigia, che passava ore seduto con lo sguardo nel vuoto e un libro in grembo, ogni giorno un poco più sporco, un poco più perso, ma sempre dignitoso e gentile in un momento della sua vita di cui, forse, gli stava fuggendo il senso.
Indimenticabile per tutti, anche l’uomo con la copertina gialla sulle ginocchia, che dal mattino alla sera, sprofondato in una poltroncina in un angolo della libreria, passava ore completamente assorto tra le pagine di un romanzo rosa.
Ultima presenza, in questi mesi, un silenzioso immigrato che ogni giorno, in piedi davanti agli scaffali dei libri stranieri, o curvo sui tavoli delle proposte, a bassa voce, lentamente, legge classici francesi, forse per sentire e richiamare alla memoria suoni e ritmi di una lingua e di una terra lasciata, ma sempre presente dentro di sé.
Certo, non possono dirsi nostri clienti, anche se assidui frequentatori, a volte ci innervosiscono e infastidiscono, ma vedere a tratti comparire un breve sorriso quando alzano lo sguardo dalle pagine, ci fa credere, o sperare, che per almeno qualche istante, non si siano più sentiti soli e che nella lettura abbiano ritrovato qualche ricordo felice di sé.
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