Per questo secondo appuntamento del Maggio dei Libri il tema è La forza delle parole. In merito si potrebbe dire di tutto, ci si potrebbe incagliare in discorsi enormemente retorici sul loro peso, sulla responsabilità, sul dolore o la bellezza che possono generare. Allora, è forse più utile pensare a coloro che delle parole hanno davvero fatto una scelta di vita, se ne sono assunti il carico e hanno cercato – ognuno a proprio modo – di tenere fede a sé stessi e al loro modo di raccontare, tradurre, cesellare, interpretare e cambiare le cose. Quella potenza sembra l’unica possibile per impugnare la forza e conoscere l’essenza, quella vera, delle parole.
In bello stile
Ci sembrano le più delicate, ricercate, raffinate. Eppure, a ben guardare, sono le uniche in grado di viaggiare lontano. Le parole ben assemblate, non solo messe l’una in fila all’altra, ma intersecate tra loro a creare mosaici colorati, unici, complessi senza essere complicati: lì risiede lo stile. Un autore o un’autrice non sono solo le storie che raccontano, ma sono la loro voce, la capacità, cioè, di creare un’atmosfera, di piegare la narrazione sul modo di raccontare, anziché sugli eventi che la compongono.
Uno stile è ritmo, melodia, ma anche cacofonia, velocità, sregolatezza. Può essere sincopato e martellante come quello di Raymond Carver (o di Gordon Lish, ma il senso è lo stesso), oppure caldo e sanguigno come quello di Anna Maria Ortese, o ancora travolgente, come quello di David Foster Wallace. Lo stile non è solo l’eleganza delle parole, quindi. È la loro energia propulsiva, ciò che permette a una storia di essere quella che è e di avere una voce, non essere solo lettera scritta e muta. Una forza, questa, che somiglia alla gravità: tiene le cose insieme, in ordine, e nessuno ha ancora capito di preciso cosa sia.
Traduco, dunque scrivo
Quanti scrittori si occupano di traduzione? E quanti invece sono traduttori ma si prestano alla scrittura? Bene, da qualsiasi lato si voglia partire, in ambi i casi, c’è un filo teso che mette in relazione queste due parti della stessa persona, attivando delle caratteristiche che, insieme, danno vita a un bacino ricchissimo da cui attingere. E quel bacino non è fatto semplicemente di parole, ma di interpretazioni che partono da una lingua e si devono trasformare. Così, quando bisogna tornare a raccontare i propri di romanzi, saggi, storie e racconti, non si può essere esenti dal pensiero influenzato dalla complessità incontrata anche in altre culture, strutture e linguaggi.
Sembra calzi a pennello il comporre di Claudia Durastanti che è tesa proprio sul filo fra queste due essenze di sé, equilibrista delle scritture altrui e fortissima narratrice del suo mondo. Tutto si condensa nel suo romanzo La Straniera, in cui le influenze appaiono arrivare da tutte le realtà che ha incontrato in precedenza, curando e interpretando le parole degli altri.
È un lavoro di enorme generosità ed empatia, quello del traduttore scrivente, che porta ad allenare il muscolo della consapevolezza ma anche quello della ponderazione – due elementi che dovrebbero essere sempre vicini nella scelta delle parole, almeno per quelle che riteniamo giuste.
Parole che cambiano il mondo
E poi, alla fine, c’è la forza più classica. Non quella violenta, né quella aggressiva, ma la forza che è capace di trasformare. A volte il mondo si lascia plasmare dai soli libri – bastano le parole che contengono e modificarlo, la deflagrazione è immediata, quasi che il libro potesse bastare. Una bomba, come nel caso del Secondo sesso di Simone de Beauvoir: il parallelismo con le armi è sempre meschino, ma, si potrebbe dire, è un fuoco d’artificio, botto e luce insieme. E bellezza.
E ci sono altre volte in cui il mondo cambia, ma piano, perché le parole hanno la forza delle cose sotterranee, che scavano con pazienza. Qui si potrebbe pensare alle radici, che si insinuano nel terriccio – rompono pure l’asfalto – e arrivano, con lentezza, cambi di direzione, strade imprevedibili, lontano. Di coscienza in coscienza, cambiano il modo di leggere il mondo, quelle parole diventano, per la loro forza precisa, un nuovo modo di dire le cose che ci circondano. A questa potenza bisogna prestare attenzione, perché è indomita, quanto e più di quella esplosiva. Ma è generatrice: di prospettive, di contraddizioni e di rivoluzioni, addirittura.
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