Quello che i librai non dicono

Diario di un libraio sentimentale

Illustrazione di Gaetano Di Riso, 2021

Illustrazione di Gaetano Di Riso, 2021

“Buonasera, fate fotocopie?” Oppure, impugnando un plico appena rilegato in copisteria con dorso ad anelli tipo tesina di terza media, “Salve, ho appena scritto un libro. Come faccio a metterlo in vendita tra le novità?”.

Ma, indubbiamente, quella che ha inciso indelebilmente il mio friabile cuore da libraia è stata “Signorina, posso usare il telefono? Devo comunicare la lettura del contatore del gas.”

Ebbene sì, in libreria questo ed altro. Se vi immaginate una sequela di richieste specifiche e ben orientate, ritmi operativi ininterrotti solcati da contatti consueti e prevedibili, allora non avete pienamente praticato questi spazi. Io sì, da quattordici anni, e devo ammettere che non c’è un giorno identico all’altro.

Da noi confluisce chiunque: il curioso a caccia di saggi esplosivi, che ancora brandisce ritagli di giornale conservati come santini, la manager bisognosa di un romanzo decomprimente per depurarsi dall’ultimo briefing, il perditempo che vaga per ore cercando l’ispirazione per la futura teoria quantistica o anche solo per arrivare alle 20 in luogo climatizzato. O il polemico seriale. Colui che ha sempre bisogno di puntualizzare e che non si fida, che parte per mettere in dubbio, a prescindere, qualunque tipo di risposta. L’abitante prescelto di quella che alcuni di noi hanno battezzato come “La stanza del cliente difficile”, luogo iperuranico in cui avvengono scambi che voi umani stentereste a immaginare.

“Cercavo un bel libro.” Sorvolando sul fatto che il concetto potrebbe minimamente variare da lettore a lettore e che il “bello” forse è proprio quello. E quando provi a controbattere “E per lei cosa è bello? Cosa le piace?”

“I libri belli, è ovvio”. E dato che non si spalancano mai degli Stargate spaziotemporali in grado di condurci altrove e che una soluzione per uscirne vivi è altamente consigliata, bisogna appellarsi al mestiere.

Ad osservare per assorbire dettagli, all’intuizione che giunge epifanica e ci libera dal pantano.

Il cliente in cerca di un bel libro quella volta sottobraccio ne aveva un altro, un romanzo di Echenoz, 1914.

Lo interpretai come un segno profetico. E la mia mente mi riportò come Gandalf nell’interstizio di scaffale giusto proprio per lui. “Quindi le sarà sicuramente piaciuto Lapierre? Ci rivediamo lassù è un libro meraviglioso sull’amarezza dei reduci” “Veramente ancora no, mi faccia vedere.”

Così, mentre udivo in lontananza il salterio, l’arpa e la cetra degli angeli per celebrare la mia gloria, il cliente se ne andò con il mio consiglio in mano. E da allora ci intendiamo a meraviglia su cosa sia bello.

La signora del contatore? Ogni tanto ritorna, magari per il reclamo di qualche bolletta.

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