La storia di Salvatore Todaro è materia da maneggiare con cautela.
Sì, la storia di questo comandante che nel pieno della guerra decide di salvare l'equipaggio della nave nemica che ha appena affondato, rischia di offrire il destro a una retorica "scivolosa", di questi tempi.
E invece le storie si muovono spesso seguendo disegni che sono casuali solo in apparenza e la storia di Todaro, del sommergibile "Cappellini" di cui era al comando e dell'equipaggio che ne decretò le fortune è riemersa nelle mani giuste, dopo un'apnea lunga ottant'anni.
L’avvincente racconto dell’atto eroico compiuto da un nostro connazionale durante la Seconda guerra mondiale è anche il grido altissimo, senza tempo, dell’indignazione e della speranza contro la barbarie di ogni conflitto.
Sandro Veronesi e Edoardo De Angelis sono grandi amici.
Nelle due sensibilità di narratori, segnate da evidentissime differenze, c'è però un'attenzione comune ad alcune caratteristiche che una buona storia deve possedere.
E la storia nella quale i due si sono imbattuti ha tutte le caratteristiche per colpire orecchie, cuore e cervello: è una storia classica nel senso in cui sono classiche le storie che fanno risaltare carattere, inclinazioni e coraggio dei protagonisti sullo sfondo di circostanze storicamente avverse. È una storia accaduta ieri, ma che contiene un potentissimo appello a un'umanità di cui oggi si sente disperatamente bisogno. È, infine e soprattutto, la storia di un uomo insondabile nel suo mistero eppure cristallino nelle qualità che lo resero adatto a governare un sottomarino e il suo equipaggio in mezzo alla guerra.
L'idea di una nazione nella quale tanti individui si sono trovati catapultati dentro, all'improvviso, con la propria cultura, con la propria lingua, con le proprie modalità di relazione... sembra un'invenzione finalizzata alla creazione di un gruppo emblematico. No: erano davvero gli uomini dell'equipaggio del "Cappellini" all'epoca
Il crogiuolo nel quale De Angelis e Veronesi hanno lasciato a ribollire la koiné vivacissima parlata dai cinquanta marinai a bordo è ciò che rende vivo il racconto, sgrassandolo da ogni possibile retorica bellicistica. Ci sono splendide pagine, in "Comandante" (di cui qui potete leggere la recensione di Maremosso e che ci era stato consigliato anche da Nello Scavo), che sembrano fatte di puro suono: gli accenti dei dialetti scandiscono il ritmo di ore altrimenti interminabili, in attesa del combattimento.
E "Comandante" ha emozionato la platea dell'ottantesima edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia nella trasposizione cinematografica che de Angelis ne ha tratto: il film è stato accolto da un'ovazione, forse perché di questi tempi abbiamo bisogno di storie e di voci che ci dicano quanto è possibile rispecchiarsi in un patriottismo che poggi sulle giuste ragioni, e non su retoriche vuote.
Todaro è interpretato sullo schermo da Pierfrancesco Favino e noi, reduci dalla lettura di questo splendido romanzo, non vediamo l'ora di provare a far coincidere i suoi tratti, intensi e duttili, a quelli che abbiamo disegnato con la nostra fantasia attorno al nome e all'immagine di Salvatore Todaro, Comandante nel senso più nobile del termine.
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Non perderti il consiglio d'autore di Nello Scavo in occasione dell'uscita di Comandante e la nostra recensione al libro!
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