Durante le prime ore pomeridiane, nei paesi molto caldi (o anche certe zone del sud Italia), subito dopo pranzo non si esce, ma si riposa, sconfitti dal sole rovente, dal riverbero, e dalla calura del terreno bollente. Quando ero bambina, in Sicilia, nello spazio di queste ore di quiete e penombra - guai a disturbare gli adulti!- mi sdraiavo a leggere sulle scale di casa di mia nonna, scale bianche, di marmo, fresche. E lì fantasticavo: spesso ero una spadaccina o una piratessa, al seguito di Sandokan o nella brigata dei moschettieri del re di Francia.
Cambiano i luoghi, la mia Sicilia diventa Burundi, un piccolo paese della regione africana dei laghi, che non ho mai visto e sarà difficile che visiti mai, ma le sensazioni della controra che vivevo da bambina le ho ritrovate tutte nel poetico albo La noia dei pomeriggi senza fine scritto da Gaël Faye ed illustrato da Hyppolite, tradotto da Beatrice Masini ed edito Bompiani.
«Da bambino ho avuto la fortuna di annoiarmi. Non avevo scuola al pomeriggio e a casa mia non c'erano schermi né televisione. Quindi ho dovuto imparare a mettere in campo tesori di immaginazione per inventarmi giochi e passatempi... Di quei giorni immobili conservo il ricordo di un periodo incantato in cui ho potuto riempire fino all'orlo il forziere della mia immaginazione. La noia dei miei pomeriggi d'infanzia era un viaggio in cui il tempo mi apparteneva, uno spazio in cui ho fabbricato sogni immensi.»
Gaël Faye, musicista, scrittore, compositore, descrive nella canzone L’ennui des après-midi sans fin, il cui testo è quello illustrato in quest’albo, il tempo del riposo obbligato, della noia, forzatamente lontano dagli amici, anch’essi chiusi nelle rispettive case, e lo fa in un susseguirsi di immagini, a volte esotiche, tra stagione secca e stagione delle piogge: il mango del privato Eden della voce narrante, o le foglie di banano che circondano la casa, il ronzare del frigo, vecchie foto ingiallite, il caos dell’abitare, visioni magistralmente evocate dall’illustrazione di Hyppolite attraverso una palette in cui predominano i verdi, gli arancioni, le sfumature del marrone e del rosso mattone.
Così rappresentata l’ora della siesta fiorisce in un tempo di immaginario, di sonnolenza, di visione e visioni, di poesia. Poesia che cresce, come erbacce nel muro, nelle zone d'ombra dell'infanzia, quando i bambini non sono obbligati ad essere qualcosa, alunni diligenti, figli obbedienti, nipoti rispettosi, ma sono liberi di perdersi nelle loro fantasticherie, nelle loro parole bambine. Poesia che è il motore che fa nascere spazi infiniti, sogni grandi, pensieri.
La noia bella e nostalgica dei pomeriggi senza fine è, purtroppo, una nostalgia dolorosa, anche se il bambino descritto nell’albo al momento non lo sa. È una nostalgia che si fa amara nel ricordo di quanto accadrà dopo. L’autore, infatti, di padre francese e madre ruandese di etnia Tutsi, è stato costretto a riparare in Francia ancora bambino allo scoppio del genocidio del 1994 nel confinante Ruanda, che ebbe gravi riverberi anche in Burundi, sia per la presenza di molti rifugiati ruandesi, sia per la composizione etnica del Burundi, molto simile a quella del paese vicino. Gli adulti che volessero approfondire potrebbero leggere Piccolo paese, sempre edito Bompiani, romanzo in cui Gaël Faye racconta tramite una parziale autobiografia questo terribile momento della storia recente, ed in cui si ritrovano, almeno finché la paura ed il lutto non prendono il posto dell’attesa e della calma, le suggestioni di questo albo.
Un albo illustrato che piacerà ai bambini ma che è adatto anche agli adulti innamorati dell’Africa e memori della noia bambina delle estati chiusi in casa.
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