Non c’è viaggio più lungo di quello che ti riporta a casa
È con questa frase di Davide Morosinotto, inclusa nei ringraziamenti, che mi piace cominciare a raccontare Il figlio del mare. Si tratta di un’affermazione che racchiude in sé tutto il senso della vita, il continuo cercare e cercarsi per tornare finalmente a casa, un giorno. La casa che tutti, prima o dopo, sentiamo il bisogno di abbandonare, per poi inevitabilmente cercare in altri posti e luoghi le stesse cose che abbiamo voluto lasciarci alle spalle. L’autore ci ha regalato una storia avvincente e affascinante, per il contenuto sicuramente, ma anche per il modo in cui l’ha raccontata. La prosa è scorrevole, piacevole e cattura l’attenzione fin dall’introduzione. Il figlio del mare è un romanzo per ragazzi e ragazze, ma non esclude gli adulti che, leggendolo, potrebbero trovarci momenti di vero piacere.
Pietro ha quattordici anni, una vita tranquilla e un lavoro che gli piace: cura i maiali del signore di Ateste, il paese dove è nato e dove sa che resterà per sempre. Ma un giorno un cavaliere porta una notizia: arrivano gli Unni! Il ragazzo sarà costretto ad arruolarsi e la sua vita cambierà per sempre.
Innanzitutto, va detto che è un romanzo storico ambientato nel 476 d.C., data non casuale, poiché si colloca un anno prima della caduta dell’Impero Romano d’Occidente e della deposizione del suo ultimo Imperatore Romolo Augustolo. Segna quindi la fine dell’Antichità e l’alba del Medioevo, un mondo per molti aspetti simile all’Europa multiculturale, poiché nel 453 d.C. vengono a formarsi i regni romano-barbarici. E così testimonieranno il mescolarsi dei valori degli invasori e degli invasi: la cristianità incipiente con il paganesimo di ritorno delle genti germaniche e delle steppe asiatiche, in fusione che, dal sesto secolo in poi, sarà il germe della società europea moderna.
Il protagonista è Pietro, un giovane di quattordici anni che vive con una madre remissiva e un padre violento. Il ragazzo fa il guardiano di maiali presso la casa del Clarissimo, il Signore di Ateste. Pietro solve orgogliosamente le sue mansioni fino al giorno in cui è costretto a smettere, per volere del Clarissimo, perché stanno arrivando i Barbari. Visto che l’esercito è bene che resti a difendere la città, ragazzi e vecchi vengono reclutati, armati alla bella e meglio, e mandati a combattere contro gli Unni.
La mamma infilò una mano nella tunica e ne tirò fuori un sacchetto di stoffa legato a un cordino. Pietro non glielo aveva mai visto addosso, prima. Lei si fermò e tirò fuori dal sacchetto una moneta d’oro. Per la precisione si trattava di mezza moneta: al posto del lato sinistro c’era solo un bordo slabbrato.
La mezza moneta è l’unica cosa che Pietro possiede del suo vero padre, un barbaro venuto da mar di cui non conosce nemmeno il nome. Trovarlo, quindi, sarà un’impresa quasi impossibile ma gli servirà da spinta per restare in vita. Se da un lato è vero che Pietro lascia tutto per andare incontro alla guerra, dall’altro, il suo sarà un viaggio alla ricerca di sé stesso e delle sue origini, e sarà accompagnato da valorosi amici. Tra loro c’è Giustina, figlia del Clarissimo, con cui stringerà un legame speciale, su cui si troverà a riflettere, mettendo in dubbio le convenzioni sociali del loro tempo.
A Pietro gli avevano insegnato che nel mondo ci sono i maschi che si vestono da maschi e fanno cose da maschi, e le femmine che si vestono da femmine e fanno cose da femmine. Era così che funzionava. Non gli era mai neanche venuto in mente che potessero esistere altre possibilità.
Sì, perché anche se Giustina è nobile e figlia dell’uomo più potente della città, ha dentro di sé la voglia di esplorare il mondo e vivere una vita piena di avventura, un orizzonte che al genere femminile dell’epoca era assolutamente interdetto. Tuttavia, Giustina non intende piegarsi a un destino scelto da altri per lei, intende spendersi per divenire la sola padrona della propria vita, atteggiamento non comune che finirà per calamitare l’attenzione di Pietro. Ecco che il viaggio sarà anche occasione di crescita, nel quale i due ragazzi scopriranno il valore dell’amicizia, ma anche un sentimento nuovo a cui non sanno ancora dare un nome.
Si rimisero in viaggio la mattina dopo e intorno a loro c’erano solo campi ed erba e boschi avvolti in una foschia grigia. La pianura lentamente diventò palude, il fiume si spezzò in canali stagnanti, rigagnoli, larghe pozze, canneti fangosi…
La lunga e difficile marcia, porterà Pietro e i suoi amici ad attraversare una parte della costa adriatica fino ad arrivare in quell’agglomerato di isolette che per noi è oggi la splendida Venezia, dove il protagonista vedrà, negli ostacoli che gli si presenteranno, delle opportunità per evolversi come persona e come uomo.
Il figlio del mare è il primo volume di un’appassionante saga di formazione e resilienza scritta come poche, che fa riflettere su molti aspetti della vita. Accompagna e sostiene con delicatezza il giovane lettore, sul sottile e precario filo che separa l’infanzia dall’età adulta.
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