E d'un tratto capii che il pensare è per gli stupidi mentre i cervelluti si affidano all'ispirazione
Arancia meccanica, il capolavoro del 1971 di Stanley Kubrick, è tornato al cinema in una nuova versione 4k in occasione del suo 50° anniversario. Tratto dal romanzo distopico scritto da Anthony Burgess nel 1962, A Clockwork Orange (il titolo originale dallo slang cockney che significa «sballato come un'arancia ad orologeria») racconta le gesta «ultraviolente» di Alex DeLarge (Malcolm McDowell) e dei suoi amici Drughi, tra una Nona di Beethoven e un bicchiere di latte+.
Una brutalità di fulminante impatto estetico, con un protagonista pronto ad essere elevato a icona pop (nei costumi avanguardistici di Milena Canonero). Nonostante Kubrick intendesse condannare la violenza, il film fu accusato di celebrarla. Al punto tale che il regista fu sommerso da orribili lettere minatorie che lo indussero a ordinare alla Warner Bros il ritiro della pellicola dalle sale britanniche (caso unico nella storia del cinema). Il film non fu più proiettato in una sala inglese, fino alla morte di Kubrick avvenuta nel 1999.
«Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato». Lettore vorace e appassionato della tecnica fotografica, Stanley Kubrick ha tramutato le pagine dei libri in immagini, divenute iconiche. Uno stile riconosciuto dallo stesso Burgess che definì Arancia meccanica non come una semplice trasposizione, bensì, una ricostruzione del suo libro. Alla ricerca del bene e del male, il cinema kubrickiano fonde etica ed estetica lasciando il giudizio allo spettatore, grazie anche alla circolarità delle sceneggiature con il finale che si avvolge sull'inizio; in Arancia meccanica, dopo la «Cura Ludovico», il protagonista torna esattamente allo stato psicologico di partenza.
Eccetto i primi due (Paura e desiderio, 1953 e Il bacio dell’assassino, 1955), tutti i film di Kubrick sono tratti da opere letterarie. Il regista ha esplorato i più svariati generi cinematografici, passando dai film bellici ai fantascientifici, dai film storici fino agli horror.
Clamoroso, il «caso» Shining la cui trasposizione fu stroncata dallo stesso autore, Stephen King. Tra i capisaldi del cinema horror, la pellicola fu duramente criticata dallo scrittore di bestseller che la paragonò a «una bella Cadillac senza motore, ci si può sedere e si può godere dell’odore del rivestimento in pelle: l’unica cosa che non si può fare è guidare». Principalmente, perché Jack Torrance (interpretato da Jack Nicholson) non possedeva la bontà d’animo descritta nel libro. Il romanzo originale del 1977 raccontava della graduale discesa agli inferi del protagonista, sotto il malefico influsso dell'Overlook Hotel ma, al contrario, nel film di Kubrick: «Jack è pazzo fin da subito». Inoltre, il Re del Brivido non apprezzò la performance di Shelley Duvall (Wendy, la moglie del protagonista), dicendo che «si trova lì solo per strillare ed essere stupida». Ancora, oggi, il romanziere del Maine rinnega l’adattamento del 1980 pur riconoscendo il genio di Kubrick.
2001: Odissea nello spazio è, invece, frutto di una stretta collaborazione tra regista e autore. Libro e sceneggiatura furono scritti, contemporaneamente, da Arthur C. Clarke e Stanley Kubrick. La genesi del più grande colossal sci-fi di tutti i tempi inizia nell’attico di Kubrick, a Manhattan nel marzo 1964. Partendo da un racconto dello stesso Clarke, La Sentinella, Kubrick iniziò ad immaginare un film di fantascienza sul rapporto fra uomo e universo. I due autori lavorarono insieme per portare avanti il progetto. Tra estenuanti tira e molla, le riprese si conclusero nel 1968 e nello stesso anno uscì film e romanzo.
Con la sua opera di ricreazione, il cineasta statunitense naturalizzato britannico ha inventato un cinema «mainstream autoriale» che ha fatto di lui una delle eminenze cinematografiche del ventesimo secolo.
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