Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz'ora e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe
Il classico di Ingmar Bergman debuttava nei cinema 55 anni fa.
Caposaldo di rappresentazione epica, Il settimo sigillo è antesignano del genere «fantasy medievale» grazie a immagini divenute iconiche fotografate nel meraviglioso bianconero di Gunnar Fischer, storico collaboratore del maestro svedese. In patria, il film (cui titolo originale è Det sjunde inseglet) non incontrò il favore della critica, ma all’estero rappresentò la vera consacrazione di Bergman vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes.
La Trama
Nella Svezia funestata dalla peste nera, il crociato Antonius Block (interpretato da Max Von Sydow) s’imbatte nella Morte (che ha il volto di Bengt Ekerot) e decide di sfidarla a scacchi, giocandosi la sua stessa vita. Nel corso di questa partita itinerante, il cavaliere (accompagnato dallo scudiero Jöns) incontrerà saltimbanchi, menestrelli e una ragazza condannata al rogo perché accusata di stregoneria.
La genesi del film
Il Settimo Sigillo nasce dall’idea di trasformare la pièce teatrale Pittura su legno - che lo stesso Bergman aveva scritto per i suoi allievi all'Accademia di Malmö - in un film. L'autore disse che, nella stesura del testo, fu ispirato dalla musica di Carmina Burana composta da Carl Orff, in particolare dal coro finale, nell’esecuzione di Ferenc Fricsay.
Le influenze artistiche e cinematografiche
L’iconografia si rifà a 6000 stili pittorici contemplati nelle chiese medievali dal cineasta scandinavo. Bergman riprende la Morte che gioca a scacchi da un affresco di Albertus Pictor, nella chiesa di Täby a Stoccolma. I saltimbanchi sono ispirati all’omonimo dipinto di Picasso del 1905. Mentre, l’armatura di Antonius Block rievoca l’incisione di Albrecht Dürer del 1513 Il cavaliere, la morte, il diavolo. Figlio del cinema espressionista tedesco, Il Settimo Sigillo riprende elementi da film come il Faust (1926) di Murnau, Von morgens bis mitternachts (1920) di Karlheinz Martin e Dies Irae (1943) di Dreyer. Il settimo sigillo è debitore a Il carretto fantasma (1921) di Victor Sjöström, regista svedese - tra naturalismo ed espressionismo - che diverrà famoso come attore ne Il posto delle fragole dello stesso Bergman
La partita a scacchi con la morte
Il regista si avvale degli scacchi come metafora della continua lotta tra l’uomo e la morte. La paura dell’ineluttabile viene, dunque, esorcizzata in un match. Tuttavia, la tecnica di gioco della partita a scacchi più celeberrima della storia del cinema è, pressoché, dilettantesca. Il contenuto scacchistico delle memorabili sequenze filmiche, infatti, non tiene il passo con la caratura della pellicola.
Le tematiche religiose
Figlio di un pastore luterano, Bergman ha citato i sermoni di suo padre come maggiore influenza per Il settimo sigillo. Ossessionato dai temi universali dell'esistenza, il maestro scandinavo affronta nelle sue opere la religione dal punto di vista laico. Il settimo sigillo è un film religioso, fin dal titolo. Il settimo sigillo è infatti l'ultimo di quelli che, secondo il libro Apocalisse di Giovanni, chiudono la Bibbia. Rompere il settimo sigillo significa poter rispondere alla domanda di tutte le domande: «Cosa c’è dopo la morte?». Secondo l'Apocalisse, solo Cristo, il figlio di Dio, può rompere quei sigilli. Bergman lo sa ed è per questo che pone solo quesiti senza dare risposte, come non potrebbe essere altrimenti. I dubbi di Bergman sono quelli di tutti gli uomini, fatta forse eccezione per coloro che sono dotati di fede.
Gli altri sapori di sala
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