Da Le avventure galanti del giovane Molière a Il discorso perfetto, il cinema di Laurent Tirard dimostra ancora una volta il suo debito nei confronti del teatro.
Nel film diretto nel 2006, dove il celebre commediografo è stato interpretato da Romain Duris, già si è avvertita una tendenza ad affidarsi a un cinema di parola, dove, più che i frammenti biografici, è apparsa fondamentale la letterarietà dei dialoghi. Anche nel suo nuovo film, l’omaggio è già dichiarato già dalla scelta di far interpretare il ruolo del protagonista Adrien a Benjamin Lavernhe, attore della Comédie Française che al cinema si è già fatto conoscere per C’est la vie. Prendila come viene e soprattutto in Io, lui, lei e l’asino. L’uomo, disperato dopo essere stato mollato dalla fidanzata Sonia, è a cena con la sua famiglia. Mentre aspetta disperatamente un sms o qualunque segno di vita della sua compagna, gli viene chiesto di fare un discorso per il matrimonio della sorella e lui entra nel panico.
Già all’inizio la presenza della parola è determinante. I titoli di testa vengono infatti presentati dal protagonista. In quel momento è già nel ruolo di Adrien oppure è ancora Benjamn Lavernhe nel passaggio al personaggio che sta per interpretare? Si trova sul palcoscenico e legge il cast al pubblico. È subito un segnale della direzione precisa che sta per prendere il film.
Oltre ad essere tratto da Le discours di Fabrice Caro, edito in Italia da Nottetempo, la componente letteraria si manifesta attraverso la scrittura e la voce. Nel primo caso, ci sono tutti i messaggi che Adrien manda a Sonia, la prima pagina del “Los Angeles Post” con la notizia dell’omicidio di John Lennon che ha oscurato il suicidio di Darby Crash, cantante dei The Germs e il suo desiderio di entrare nella storia del rock e la lista degli argomenti scritti dal protagonista per cercare di superare il disagio del primo incontro.
Sono le 17:56 di un giorno qualunque, ma per Adrien è un'ora fatale: la sua ex Sonia, in pausa di riflessione, ha letto l'sms che lui le ha inviato alle 17:24 nel tentativo di riagganciarla dopo trentotto giorni di ansiogena separazione, e non gli ha ancora risposto. Che fare?, è la domanda che comincia ossessivamente a ronzare in testa al protagonista. Insistere, aspettare, procrastinare, assumere ad arte un contegno distaccato o cedere all'impulso, costi quel che costi?
Nel secondo caso c’è Adrien che parla e fa avvertire in ogni frase il segno della scrittura dei dialoghi. Innanzitutto nella disposizione della sua famiglia a tavola (lui da solo, i genitori da un lato, la sorella e il futuro marito dall’altro), è come un capocomico invisibile che organizza il ritmo delle battute con gli altri personaggi. Poi è lui stesso che ribalta le situazioni e alimenta il contrasto continuo tra realtà e immaginazione.
C’è la sua voce-off che nega che una frase è stata davvero pronunciata, ci sono i suoi racconti del passato e soprattutto la costruzione mentale di qualcosa che verrà, il discorso al matrimonio: esaltante, noioso, fuori-luogo. In ogni caso c’è un saggio singolo di recitazione da cui, proprio a livello narrativo, dipendono le reazioni di tutti gli altri personaggi.
Infine la componente letteraria diventa esplicita attraverso i libri. Al bar, c’è un’inquadratura in cui Adrien aspetta di incontrare Sonia per la prima volta al bar. Ha la mano poggiata sul viso e dietro di lui si vede, più sfocata, una ragazza che sta leggendo un libro. Poi quattro titoli sono dichiaratamente citati: L’uomo senza qualità di Robert Musil, Il libro dell’inquietudine di Fernando Pessoa, Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald e l’ultimo volume di Harry Potter di J. K. Rowling oltre alla citazione di Alfred de Musset.
Non sono solo semplici omaggi. Sono passaggi che entrano nella continua simbiosi che c’è tra lo script e la sceneggiatura e Il discorso perfetto rende ben visibile questo legame. In ogni dialogo, ci potrebbe essere dietro un’origine letteraria. Adrien e/o Lavernhe guardano in macchina e potrebbero recitarlo come in un reading aperto al pubblico.
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