Il 4 dicembre 1961, la Scuola di studi superiori sugli idrocarburi di San Donato Milanese inaugura l’inizio dell’anno accademico. Siamo nella cosiddetta Metanopoli che il suo fondatore Enrico Mattei definiva «il complesso scientifico, industriale e civile dell’Ente Nazionale Idrocarburi […] il cui nome non ufficiale è usualmente pronunciato come espressione di una speranza».
In questa occasione Mattei aveva tenuto un discorso di apertura davanti alla platea degli studenti: «Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da soli questo vostro domani. Ma per fare questo è necessario studiare, imparare, conoscere i problemi». Parole di incoraggiamento che prendiamo come esempio di un’ambizione a pensare il futuro in maniera creativa e lungimirante; il tratto distintivo dell’intraprendenza politica di Mattei di cui, a sessant’anni di distanza dalla scomparsa, ricordiamo alcuni tratti della vicenda biografica.
L’Italia di quel periodo è uno dei margini più problematici dei territori caduti sotto l’influenza statunitense, con un Partito Comunista tra i più grandi e fiorenti dell’occidente e una Democrazia Cristiana di governo, pronta a dare avvio alla stagione delle riforme. L’Autostrada del sole, il rilancio dei piani per l’edilizia popolare, la nazionalizzazione dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, la riforma della scuola media unificata: sono soltanto alcuni dei passaggi più iconici di una stagione che cambia radicalmente l’immagine del paese e del suo potenziale economico.
In questo contesto Mattei, esponente della corrente neo-atlantista della DC, ha agito con il fare del protagonista, al centro degli scenari di sviluppo economico.
Il 10 giugno 1960 firma un accordo con il governo tunisino per la costruzione di un impianto petrolifero, un «polo di sviluppo economico nel sud tunisino», non una raffineria «che diventi una cisti sul suolo nazionale». In quella stessa occasione, in un discorso preparato ma mai pronunciato, aggiungeva:
Il fatto coloniale non è solo politico: è anche, e soprattutto, economico.
Esiste una condizione coloniale quando manca un minimo di infrastruttura industriale per la trasformazione delle materie prime, esiste una condizione coloniale quando il giuoco della domanda e dell’offerta per una materia prima vitale è alterato da una potenza egemonica: anche privata di monopolio e oligopolio.
Nel settore del petrolio questa potenza egemonico oligopolistica è il cartello. Io lotto contro il cartello.
A guardare le mosse della sua strategia alla direzione dell’ENI, vediamo una tendenza a infrangere il rispetto delle influenze dominanti. Nel 1957 dà vita a una società mista italo-egiziana, la Cope (Compagnie orientale des pétroles d’Egypte). Negli stessi anni, tenta l’espansione nel Golfo Persico cercando rapporti vantaggiosi nel mercato del greggio iraniano e contemporaneamente stipula un accordo con l’URSS, nel 1960, che per la prima volta porta l’azienda di Stato italiana a imporre un ribasso generale dei prezzi della benzina.
Ancora alla fine del 1962, Mattei è in procinto di finalizzare la trattativa con il governo algerino per avviare la costruzione di un impianto di raffineria e di un metanodotto italo-algerini. La sera di sabato 27 ottobre 1962, quando l’aeroplano con a bordo Mattei precipita nelle campagne di Bascapè, a poco più di venti chilometri da Pavia, la morte interrompe una trattativa la cui posta in gioco è il controllo dei giacimenti petroliferi del nord Africa.
Nello scenario attuale, in cui l’aggressione russa all’Ucraina ha liberato il fantasma della crisi energetica, la paura dei rincari disastrosi e il pericolo di un escalation nucleare, ricordare l’intraprendenza politica di Enrico Mattei acquista senso. Il contributo che questo ha dato in termini di “utopie” realizzabili – dall’autonomia energetica ai modelli innovativi di cooperazione tra Stati – originava da un principio molto semplice: che i Paesi produttori delle materie prime – come Mattei scriveva su “Oggi” il 31 luglio 1958 – dovessero ricevere un trattamento e condizioni «di perfetta parità di diritti e di impegni, di comune convivenza, di cordiale collaborazione, abbandonando qualsiasi sottinteso colonialistico contenuto nei precedenti schemi».
La sua visione era soprattutto politica, Mattei era consapevole dell’importanza di rifondare su basi nuove il rapporto con i Paesi produttori, affinché questi conservassero la maggior parte della produzione per il fabbisogno interno e beneficiassero delle competenze tecniche e scientifiche apportate da un Paese occidentale modernizzato. Alla base c’era l’idea che l’Italia dovesse giocare un ruolo decisivo nella relazione con i Paesi dell’Africa mediterranea, in virtù dei legami storici ma anche della complementarità delle economie, e secondo una modalità imperniata sull’equilibrio e il rispetto degli interessi reciproci.
Di
| Feltrinelli, 2022Di
| Editori Riuniti, 2022Di
| Garzanti, 2020Di
| Edizioni di Comunità, 2018Di
| Becco Giallo, 2012Di
| Il Mulino, 2012Altri approfondimenti
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