Ma valeva la pena sapere tutto questo, se non si sapeva l’uno e il tutto, la cosa più importante di tutte, la sola cosa importante?
Credo che esistano libri che, se letti durante l’adolescenza, quando siamo ancora permeabilissimi alla meraviglia, sono in grado di influenzare le nostre scelte e le nostre vite per diverso tempo. Nella mia personale selezione dei libri «della giovinezza» inserisco, per esempio, Il giovane Holden, L’amore ai tempi del colera, o ancora I ragazzi della via Pál. Non si tratta di libri edificanti, o romanzi di formazione, solo di storie che esercitano un’influenza su di noi e che rappresentano una specie di epifania: prima di leggerli guardiamo il mondo in una maniera, e dopo in un’altra. Credo che sia invece opinione comune collocare Siddharta di Hermann Hesse tra questi libri capaci di cambiare irreversibilmente il nostro sguardo sulle cose.
Chiedete in giro, e quasi ogni lettore potrà anche ignorare chi sia Hermann Hesse, ma non ignorerà cosa sia il suo Siddharta. Hesse ebbe, quando scrisse questo libriccino, una capacità straordinaria di condensare in parole quanto di più complesso, affascinante e inafferrabile vi sia nella giovinezza. Un vagabondare tra inclinazioni e desideri che lui riuscì a mantenere per tutta la vita: una dote rara, che molti di noi sperimentano solo, appunto, durante la tormentata adolescenza.
Non vado in nessun posto. Sono soltanto in cammino. Vado errando
Ma Hermann Hesse non è Siddharta, e la sua opera non si riduce a questo libro. Peraltro, non fu nemmeno il romanzo che lo consacrò alla fama, né quello che ebbe più successo. Siddharta è “solo” un libro dall’ombra lunga, lunghissima, inestinguibile.
Gli anni della giovinezza, o su Siddharta
Hermann Hesse nasce il 2 luglio 1877 a Calw, nel Baden-Württemberg, in Germania. Suo padre e suo nonno sono missionari, mentre sua madre, Marie, li segue per il mondo. L’inquieta religiosità di stampo pietista dei genitori accompagnerà Hermann per sempre.
La mia fu un’infanzia bella e profondamente vissuta, ma non facile
È un bambino brillante, ma per qualche ragione la sua sensibilità non riesce a sopportare il mondo. La sua, come quella di Siddharta, è una giovinezza alla ricerca di qualcosa di simile alla pace e all’annullamento di sé. Ricerca che culmina in una fuga da scuola quando ha appena quindici anni per tentare il suicidio. Lo salva un difetto nel revolver: il suo desiderio di essere nulla si conclude con il fallimento, così come Siddharta non riuscì a raggiungere il nirvana al primo colpo, quand’era presso i Samana dei boschi.
La cura provvisoria, o Narciso e Boccadoro
Non seguiranno altri tentativi del genere. Passa un periodo piuttosto lungo in una clinica per malattie mentali e lì lo curano dai sintomi più evidenti della sua depressione. Rinuncia agli studi e, nonostante la delusione dei genitori, nel 1895 lavora a Tubinga come libraio. Coltiva la propria salute mentale e le proprie velleità letterarie: nel 1904 pubblica Peter Camenzind, il suo primo romanzo.
Il primo [grande mutamento della mia vita] era avvenuto nell’attimo in cui avevo deciso coscientemente di diventare un poeta
Nello stesso anno sposa la sua prima moglie, Maria Bernoulli, da cui hatre figli: Bruno, Heiner e Martin. I suoi romanzi lo rendono famoso nei territori di lingua tedesca. Conosce Thomas Mann e, come accadde a Narciso e Boccadoro, nonostante le differenze tra i due, diventano amici inseparabili. Leggono l’uno le opere dell’altro, si stimano profondamente e passano le vacanze insieme a Saint Moritz; poi Mann è costretto a emigrare negli Stati Uniti, e il rapporto si affievolisce inevitabilmente.
Arrivederci, caro vecchio compagno di strada in questa valle di lacrime, nella quale a entrambi è stata concessa la consolazione dei sogni, del gioco e della forma
Un mondo in pezzi, o del Demian
Allo scoppiare della Prima guerra mondiale, il mondo di Hermann Hesse vacilla. La moglie Maria inizia a soffrire per una malattia mentale che porterà lo scrittore a divorziare, e il figlio Martin si ammala e muore di meningite. Lo scrittore ha un esaurimento nervoso e devono rimetterlo in sesto con diverse sessioni di elettroshock. Divorziato, alienato e spaventato, comincia un percorso di psicanalisi da un allievo di Jung. Il suo cammino verso il ristabilirsi di una sorta di equilibrio assume i contorni di un romanzo di formazione, come quello che scrive nel 1920, il Demian.
Il marchio di Caino, o sul Lupo della steppa
Con la psicanalisi, le cose vanno meglio. Si sposa altre due volte, l’ultima con la donna che gli rimarrà accanto fino alla fine, Ninon Dolbin Ausländer. Con lei si ritira a vita privata a Montagnola, in Svizzera, e scrive, nel 1927, Il lupo della steppa, un libro di grande successo su come l’allegria può allontanare dai confini del baratro. Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1947.
Anni prima, però, Hesse aveva scritto un saggio che aveva intitolato Uno sguardo sul Chaos. Era una raccolta su Dostoevskij e la sua opera, ma quel che ci interessa qui è che descrisse «il marchio di Caino», una maledizione che, negli anni, aveva finito per colpire anche lui. In breve, si trattava di una specie di scottatura, un marchio, appunto, impresso su coloro che avevano guardato dentro il caos, la voragine spalancata dei greci, e ne erano usciti indenni. Non solo: ne erano usciti felici, perché lì avevano trovato la verità e l’armonia. Ecco, dopo un lungo vagabondare, anche Hesse aveva ottenuto quel marchio. Aveva scrutato nell’abisso e ci aveva trovato quel desiderio primigenio di armonia che ricercava nel Siddharta. Una pace, finalmente, lontana dal mondo, caotica, ma tranquilla.
Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.
Lì c’è tutto ciò di cui hai bisogno,
sole stelle luna.
Perché la luce che cercavi
vive dentro di te.
(Hermann Hesse, "Tutti i libri del mondo")
Di
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