Il tempo, un tempo, era un valzer moderato. Ma col passare del tempo ha acquistato una precisa coscienza politica ed è diventato un valzer decisamente di sinistra
Scherzava sul tempo, Francesco Guccini, in una canzone dell’album D'amore di morte e di altre sciocchezze, del 1996. Quella canzone è riemersa dalla memoria sfogliando il libro appena pubblicato da Paolo Gangemi, giornalista scientifico matematico di formazione, che ripercorre la lunga storia – per così dire - "di tutti i tempi", mettendo in luce quanto c'è di confuso, arbitrario e convenzionale in una delle attività scientifiche che comunemente si ritengono più neutrali: la misurazione (Le misure del tempo, Codice 2021).
Quanto dura un giorno su Saturno? Chi ha inventato i fusi orari? Che cos'è un anno di Brahma? In quale epoca geologica viviamo? E perché nel 1867 in Alaska ci furono due venerdì consecutivi? Per misurare il tempo l'umanità scandisce la propria storia in ere, millenni e secoli, e siamo abituati a pianificare le nostre vite sullo scorrere di mesi e anni, di ore e minuti. Ma come e perché sono nate queste unità di misura?
"A differenza dell'anno, del mese e del giorno, basati su fenomeni astronomici, l'ora è nata come sottomultiplo del giorno, il minuto come sottomultiplo arbitrario dell'ora e il secondo come sottomultiplo arbitrario del minuto. Eppure proprio il secondo, l'unità più arbitraria di tutte, è diventato l'unità di misura fondamentale del tempo" racconta Gangemi. Questa trasformazione si è compiuta nel 1967, con la tredicesima Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, l'organizzazione intergovernativa che dal 1875 è la massima autorità a livello internazionale.
Da allora il secondo non è più definito in funzione dei moti della Terra, bensì delle vibrazioni degli atomi, un fenomeno altrettanto oggettivo ma incomparabilmente più regolare
Può sembrare una sottigliezza, ma a chi riflette sulle relazioni tra scienza e società questo esempio (uno dei tanti illustrati nel libro) offre uno spunto importante. Nell'epoca della polarizzazione, si sente spesso rivendicare che "la scienza non è democratica". Chi promuove questo slogan intende affermare un concetto in gran parte condivisibile: di fronte a una domanda complessa, la risposta di chi ha raccolto e studiato i dati seguendo un metodo validato ha un valore assai maggiore della risposta di un cittadino qualunque. Per rafforzare il concetto, alcuni chiosano che "la velocità della luce non si decide per alzata di mano". In un certo senso, però, è andata proprio così. Dopo tanti affinamenti successivi dei valori misurati fin dall'antica Grecia, a partire dal 1983 la velocità della luce nel vuoto è diventata convenzionalmente una costante, pari esattamente a 299.792.458 metri al secondo. È stato per decisione della diciassettesima Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure: un organismo – certo, composto da esperti – che assume queste decisioni a maggioranza (e forse per alzata di mano), non senza accesissime discussioni.
È per questo un dato meno scientifico? Ovviamente no. Il prologo di Guccini è utile nell'inaugurare questa rubrica anche per il riferimento al tempo musicale, in cui le pause sono essenziali affinché le note – che per la scienza potrebbero essere le scoperte ma anche la capacità di comunicarne il significato e il valore – veicolino il messaggio desiderato. La ricerca scientifica è fatta soprattutto di lavoro lento e rigoroso, in un certo senso di silenzi e di pause, di incertezze e di dubbi. "Ci sono forti tendenze antiscientifiche nella società attuale, il prestigio della Scienza e la fiducia in essa stanno diminuendo velocemente, le pratiche astrologiche, omeopatiche e antiscientifiche si diffondono largamente insieme a un vorace consumismo tecnologico e fideismo nella tecnologia" ha scritto il Premio Nobel Giorgio Parisi in un saggio uscito nella riedizione del libro L'ape e l'architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico pubblicato per la prima volta nel 1976 (Franco Angeli 2011).
Ma questa sfiducia di massa nella scienza è dovuta anche al fatto che la scienza insiste a presentarsi come superiore al gioco delle parti e in un certo senso sapienza assoluta, rispetto agli altri saperi opinabili, quando in realtà non lo è affatto. Proprio il rifiuto caparbio di non accettare la propria non neutralità indebolisce il prestigio degli scienziati che sbandierano un’obiettività che non è autentica, davanti a un’opinione pubblica che in qualche modo ne avverte la parzialità di vedute e i limiti
Prima di lui un altro grande fisico vincitore del Premio Nobel, Richard P. Feynman, che era noto anche per il suo umorismo e per il carattere istrionico e dissacrante, in un discorso tenuto nel 1955 sul valore della scienza lo aveva riassunto così: "Di tutti i suoi molti valori, il più grande deve essere la libertà di dubitare". Parziale, limitata e pronta a essere messa in dubbio: è questa la scienza "senza maiuscola" che ha bisogno di essere conosciuta meglio e sostenuta, perché con tutti i suoi limiti rimane una tra le attività umane più affascinanti, e che più contribuisce al progresso della società.
Altri approfondimenti di scienza senza maiuscola
Se ti è piaciuta l'illustrazione
Di
| Logos, 2017Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Libri per approfondire
Di
| Rizzoli, 2021Di
| Zanichelli, 2007Di
| Adelphi, 2017Di
| Il Saggiatore, 2020Di
| Rizzoli, 2015Di
| Franco Angeli, 2011Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
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