Passato di letture

Quel principio vitale va punito!

Illustrazione di Federica Santoro, 2021, studentessa del Triennio in Scenografia, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Illustrazione di Federica Santoro, 2021, studentessa del Triennio in Scenografia, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Comincia dalla foto di copertina, Malacarne. Gli occhi neri di quattro donne, giovani e vecchie - pieni di dolore, di curiosità, di vita, nient’affatto catatonici - ci scrutano, trascinandoci nel cuore del dramma di centinaia di sorelle la cui unica colpa fu il dolore o l’eccesso di vita, internate in manicomio perché non conformi agli stereotipi e alla morale repressiva e ipocrita dell’Italietta fascista. Dopo aver ricostruito la storia dell’ospedale psichiatrico di Teramo, attraverso una vasta mole di cartelle cliniche più risalenti al Ventennio Annacarla Valeriano disseppellisce quella delle donne ivi rinchiuse e ridà loro la voce, pubblicando in appendice un’antologia di lettere dall’internamento. 

Malacarne. Donne e manicomio nell'Italia fascista

A quarant'anni dalla legge Basaglia, che ha sancito la chiusura dei manicomi, riemergono le storie e i volti di migliaia di donne che in quei luoghi hanno consumato le loro esistenze. In questo libro sono soprattutto donne vissute negli anni del regime fascista: figure segnate dal medesimo stigma di diversità che, con le sue ombre, ha percorso a lungo la società, infiltrandosi fin dentro i primi anni del l'Italia repubblicana.

Attraverso i diari clinici, questo saggio intenso e a tratti straziante apre squarci su una realtà di sofferenza e abusi, che negli anni della dittatura si esaspera (con un’impennata del numero di internamenti), ma è ben più antica, e sopravvivrà alla caduta del Duce di almeno tre decenni. Il fascismo si limita a pescare a piene mani dal bacino ideologico di matrice positivista che considerava un’evidenza scientifica l’inferiorità biologica e intellettuale della donna e “rilevava una condizione morbosa in tutte quelle manifestazioni del carattere e dei comportamenti che non rientravano nello stereotipo della domesticità e della passività sessuale”. A questo, il fascismo aggiunge i piani di difesa e potenziamento della stirpe (le donne devono mettere al mondo carne da cannone, poco importa se poi perdono il senno per lo strazio dei lutti e traumi da guerra) e la “protezione scientifica della società”, perché, foucaultianamente, la devianza va repressa in ogni sua forma e manifestazione, psichica, morale, sociale. 

Aver voglia di lavorare e di fare l’amore, volersi emancipare anziché avere figli, rifiutare le botte o la schiavitù domestica, persino il desiderio di stare da sola sono potenziali sintomi di “pazzia morale”. Leggere espone la donna al rischio d’isteria, ridefinita come il “fallimento rispetto ai suoi compiti fondamentali”. Spesso il manicomio è il modo più facile per consumare un “divorzio all’italiana”, per liberarsi di una bocca da sfamare, per nascondere una gravidanza irregolare o far sparire una scomoda testimone dei panni sporchi di famiglia. E finiscono internate anche molte donne che hanno subito violenza, “colpevoli” di manifestare i segni del trauma. I documenti clinici registrano freddamente la povertà, lo sfruttamento, le abitazioni misere e sovraffollate della realtà abruzzese, smascherando, insieme agli abusi, l’impostura dei filmati di propaganda di regime sulla vita bucolica nelle campagne. 

Succedeva solo pochi decenni fa. Tenetelo a mente, la prossima volta che sentite qualcuno concionare contro il femminismo.

 

Abbinamento per bongustai: comincia dove Valeriano finisce, l’appassionante e appassionato saggio di John Foot La “Repubblica dei Matti: Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978. Ma non guasta nemmeno andarsi a rileggere Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf... 

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