Il libro di cui hai bisogno si trova accanto a quello che cerchi
Leggere Il compromesso di Elia Kazan mi ha trascinata, pagina dopo pagina, in due viaggi paralleli: uno nel mondo di Eddie Anderson e l’altro, non meno travolgente, a ritroso nella mia mente, o forse sarebbe più corretto dire nel mio cuore, perché è lì che risiedono tra le altre cose i libri che più ho amato.
Partendo dunque da questo raffinato e avvincente romanzo dove un brillante agente pubblicitario (che tanto mi ha ricordato il Don Draper di Madmen) mette in discussione l’intera sua esistenza in seguito a un rovinoso incidente d’auto, ho pensato che ci fosse un leitmotiv che riconducesse ad altre letture pervase da quella stessa irrequietezza. “Avevo messo la maschera del tipo perbene ed erano passati vent’anni come passano nei film, con i fogli del calendario che volano via mossi da un vento fabbricato in studio.”
Questo bisogno di Eddie di strapparsi di dosso un travestimento ormai troppo ingombrante mi ha riportata alle gesta del virtuoso e pacato protagonista di quello che è stato definito “il romanzo perfetto”: Stoner di John Williams; di nuovo quella stessa eleganza e una tormentata esistenza che, come una bestia, se ne sta acquattata nel buio pronta ad azzannarci.
Ho riletto Stoner di recente ed è riaffiorato in me il ricordo del piacere che la lettura di un libro buono può procurarci.Da quest’uomo che “rimase nella sua stanzetta a combattere con la sua coscienza, circondato dai libri e dal silenzio” all’Andre Dubus di Riflessioni da una sedia a rotelle il passo è stato breve, se non addirittura inevitabile.
Quanta grazia in questo saggio del compianto scrittore americano! Dubus era un maestro nell’analizzare a fondo le dinamiche familiari complesse e nell’approfondire le più recondite profondità dell’animo umano e tutte le volte in cui torno da lui non posso fare a meno di commuovermi - evento piuttosto frequente in altre circostanze, ma raro durante la lettura di un libro.
Non sono stati solo sentimenti di malinconia e disillusione quelli che mi hanno accompagnata in questo viaggio letterario, ma anche una sorta di tagliente ironia che anni fa riconobbi all’istante in Karoo di Steve Tesich, un romanzo pervaso da uno squisito senso del distacco che mi ha procurato più di una notte insonne, totalmente incapace di allontanarmi da Saul Karoo e dalle sue rocambolesche hollywoodiane avventure tra case di produzione, cene d’affari e party devastanti!
Non a caso ho tenuto per ultimo il libro che più di ogni altro è stato una presenza costante durante la lettura de Il compromesso: parlo di La valle dell’Eden di John Steinbeck.
Elia Kazan ha diretto il film tratto da quest’opera memorabile e nell’edizione Mattioli, a conclusione della prefazione di Gian Paolo Serino, ci sono delle lettere inedite che l’autore scrisse a Marlon Brando, Robert De Niro, Warren Beatty e allo stesso Steinbeck, con cui lamentava una serie inenarrabile di difficoltà incontrate durante i provini per la scelta degli attori, scelta che alla fine ricadde su un giovanissimo Jimmy Dean, mai apparso precedentemente sullo schermo a scapito del ben più navigato Brando.
L’idea del premio Nobel di trarre spunto nientemeno che dalle sacre scritture, da Caino e Abele, per costruire i personaggi di Aron e Caleb, è stato a mio modesto parere un indiscutibile colpo di genio. Dalla prima all’ultima pagina, dalla presentazione poetica e minuziosa della valle del Salinas all’evolversi della storia delle due famiglie che andranno a formare la monumentale saga, il lettore non si troverà mai, neanche una volta, ad inciampare in uno scalino di insoddisfazione.
Non ho dubbi sul fatto che “La valle dell’Eden” sia a pieno titolo il grande romanzo americano e continuerò a pensarla così fino a quando non avrò la fortuna di imbattermi in uno altrettanto grandioso.
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