Strade di carta

Libri che rivalutano l'ignavia

Illustrazione digitale di Gaetano Di Riso, 2021

Illustrazione digitale di Gaetano Di Riso, 2021

Il libro di cui hai bisogno si trova accanto a quello che cerchi

Aby Warburg

Bartleby lo scrivano

di Herman Melville - Feltrinelli, 2015

La rivoluzione stanca. E' bella, ma non fa per me: troppo faticosa, sono pigro. Inoltre presuppone un ideale per cui lottare, e le grandi idee mi fanno sentire inadeguato. Come si può pensare di riparare il mondo quando si è a malapena capaci di rifarsi il letto? Alla mia età bisogna essere realisti. Ma più della rivoluzione, stanca il rivoluzionario. Quello vivo, non quello dei libri di storia. Stanca la sua retorica del sogno, fatta di frasi come "lotta per i tuoi sogni", "non smettere di sognare", "bisogna avere un sogno per cambiare il mondo" e bla bla bla, che trovo un po' stucchevole, quando non pericolosa. I sogni non trasformano la realtà, piuttosto la realtà trasforma i sogni in incubi, quando ci si ostina a realizzarli a tutti i costi. Alla mia età, si è vissuto abbastanza da averlo imparato a proprie spese. Sono diventato cinico o disilluso o conservatore (oddio, no!) col tempo? Forse. O forse col tempo ho sviluppato una strana sindrome che, di fronte ad affermazioni col punto esclamativo, a slanci ideali senza dubbio alcuno e a professioni di fede varie ed eventuali, mi provoca sonnolenza immediata. Insomma si, da un po' di tempo, se non proprio la rivoluzione, la retorica rivoluzionaria mi fa dormire come un sasso. Mi spingo a dire che, se questa è la rivoluzione che ci è toccata in sorte, io preferisco l'ignavia. E vi dirò perché, con cinque libri

"I would prefer not to" è una frase che Bartleby ripete spesso nel racconto di Melville che porta il suo nome. Fa lo scrivano in uno studio legale di New York da poco tempo, quando inizia ad usare queste parole per rifiutarsi di compiere qualsiasi tipo di compito, anche il più semplice. Contrariamente a quanto vorrebbero la logica e il buon senso, il giovane praticante continua a rifiutarsi di aggiungere lavoro al suo lavoro, a tirarsi fuori da qualsiasi responsabilità, a respingere qualsiasi addebito nel crescendo parossistico e grottesco di un autentico autosabotaggio. Almeno in apparenza. Perché, come capita con la grande letteratura, dare un giudizio definitivo su questo personaggio è impossibile. Il modo in cui affronta le conseguenze del suo non-agire, l'ostinazione insensata con cui persegue il suo misterioso obiettivo, ammesso che ce ne sia uno, risultano davvero incomprensibili. Eppure non si può fare a meno di leggerlo, questo racconto. Non si può non amare il povero Bartleby che, contro tutto e tutti, di fronte a qualsiasi richiesta il mondo gli faccia, continua in modo bizzarro, comico, disperato a opporre un rifiuto fermo e gentile, con la sua frase, definita formula della creazione in un famoso saggio di Agamben e Deleuze, "I would prefer not to", che nella traduzione di Gianni Celati suona così: "Avrei preferenza di no".

I fannulloni nella valle fertile

di Albert Cossery - Einaudi, 2016

"Non far nulla è un lavoro interiore". Nella celebre risposta data ad un giornalista che lo intervistava per una rivista francese, è condensata la poetica e lo stile di vita di Cossery. I fannulloni nella valle fertile, il più noto dei suoi libri, racconta la storia di una famiglia composta di soli uomini che vive alla periferia del Cairo, dedicandosi ad un'unica attività: dormire! Il soporifero equilibrio familiare viene sconvolto quando Serag, il più piccolo dei tre fratelli, annuncia di voler andare in città a cercare lavoro. Uno scandalo! Di lì a poco, la situazione precipita alla notizia che Hafez il padre, anziano e ormai malato, sta cercando moglie per la seconda volta. Sembra la fine di un sogno: l'ideale di pace coltivato per anni con ostinazione crolla improvvisamente. Una tragedia! Da qui nasce una sequela di situazioni in cui il tragico e il comico si alternano con sapienza drammaturgica e vengono raccontati entrambi con un tono sobrio e distaccato. Quella di Cossery è un'ironia sottile e questo romanzo è una commedia fredda e calibrata che nasce da una consapevolezza raggiunta, da una presa d'atto: là fuori non c'è un mondo da cambiare, possiamo solo cercare dentro di noi il calore di cui abbiamo bisogno. Dolcemente.

Il rumore del tempo

di Julian Barnes - Einaudi, 2017

Il rumore del tempo di Julian Barnes racconta il rapporto travagliato e ambiguo che Dimitri Sostakovic, musicista geniale, ebbe con il Potere sovietico, lungo l'arco della sua vita. Il 29 gennaio del 1936 sulla Pravda appare un articolo anomino (attribuibile a Stalin in persona?) che, all'indomani della prima di Lady Macbeth del distretto di Mcensk, definisce l'opera "caos anziché musica". Da quel momento Sostakovich è costretto a fare i conti con il regime: viene accusato di assecondare i gusti borghesi, la sua arte tacciata di traviare le coscienze del popolo russo. Per questo subirà pressioni subdole e verrà interrogato più volte. Quale sarà la risposta di un genio di fronte a minacce di questo tipo? Quale prezzo sarà disposto a pagare per difendere la propria arte? La riposta non è così scontata. L'uomo che ha dato vita a quella musica immortale si dimostra più complesso, o meno eroico, di quanto ci si aspetterebbe (chissà perché poi, in fondo era un uomo anche lui). Le sue tormentate riflessioni, i suoi infingimenti, le sue ossessioni, le sue paure sono il centro di questo libro sorprendente e inquietante che, a un certo punto, ci regala questa perla:

"Ma essere vigliacco non è facile. Molto più facile essere un eroe. A un eroe basta mostrarsi coraggioso per un istante: quando estrae la pistola, quando lancia la bomba, attiva il detonatore, fa fuori il tiranno e poi se stesso. Essere un vigliacco significa invece imbarcarsi in un'impresa che dura una vita. Mai un po' di riposo. C'è da anticipare l'occasione successiva in cui si dovrà tergiversare, mostrarsi servili, giustificarsi, riabituarsi al gusto di nuovi stivali da leccare e all'amarezza di constatare la propria rovinosa abiezione. Essere un vigliacco richiede costanza, fermezza, impegno a non cambiare, il che si risolve in una certa qual forma di coraggio. Sorrise tra sé e si accese un'altra sigaretta. Il piacere dell'ironia non l'aveva ancora del tutto abbandonato."

Inferno

di Claudio Giunta - Feltrinelli, 2023

"Color che vissero senza infamia e senza lodo" furono collocati da Dante nell'Inferno, costretti dalla legge del contrappasso ad essere punzecchiati in eterno da vespe e mosconi; tra questi spicca "colui / che fece per viltade il gran rifiuto" ovvero il personaggio che la maggior parte degli studiosi identifica con Papa Celestino V. Ma il suo fu davvero un peccato così grave? Dubito che chiunque di noi, oggi, giudicherebbe con tanto severità il suo gesto, e avremmo probabilmente tutt'altra considerazione del povero Pietro da Morrone. Ma, si sa, i classici vanno contestualizzati. Lo spiega benissimo Claudio Giunta in Inferno, un libro delizioso che ripercorre la prima parte, la più cupa ma anche la più divertente, del viaggio dantesco, provando a raccontare le mille sfumature di quest' opera straordinaria in modo rigoroso, ma con tono informale e accattivante. Il confronto con questo classico immortale è interessante perché, nei commenti ai versi, oltre agli attestati di ammirazione per la sapienza letteraria del Sommo Poeta, si leggono considerazioni non scontate come questa : "Siamo sicuri che sia sempre raccomandabile "prendere partito"? Davvero i tanti, tantissimi che hanno vissuto "senza infamia e senza lodo" non meritano un po' di indulgenza? (...) Costoro, osserva il grande sociologo Albert Hirschman, con le loro cautele e i loro dubbi forse non cambieranno molto, del mondo in cui si sono trovati a vivere, ma neppure turberanno le vite degli altri, e anzi probabilmente le miglioreranno seminando qua e là qualche grano di saggezza."

Amleto

di William Shakespeare - Feltrinelli, 2013

Spero che i critici più severi non considerino il mio giudizio un atto sacrilego, ma per me anche Amleto, proprio lui, in fondo era un ignavo. Da semplice lettore, ho sempre trovato interessante il tormento di questo principe, il suo dubbio, la sua incapacità di agire. Il capolavoro di Shakespeare appartiene ad genere preciso e di lunga tradizione: la tragedia della vendetta. Ma in questo caso non si compie, la vendetta, e la tragedia nasce proprio da lì. Nell'ostinato tentativo di trovare una verità che lo metta al riparo dall'errore, Amleto continua a procrastinare il suo dovere: vendicare suo padre. Ciò che qualsiasi altro eroe avrebbe fatto a occhi chiusi prima di lui, diventa impossibile. Ad Amleto la rivelazione del fantasma di suo padre non basta: vuole essere certo che ad aver ucciso il suo genitore sia stato suo zio, che ha sposato sua madre quand'era ancora in lutto. Per questo si ferma, blocca lo svolgersi naturale dell'azione, aspetta, indaga. Inutilmente. In una pagina memorabile della Nascita della tragedia, Nietzsche dice : "In questo senso l'uomo dionisiaco assomiglia ad Amleto: entrambi hanno gettato una volta uno sguardo vero nell'essenza delle cose, hanno conosciuto, e provano nausea di fronte all'agire, giacché la loro azione non può mutare nulla nell'essenza eterna delle cose, ed essi sentono come ridicolo o infame che si pretenda da loro che rimettano in sesto il mondo che è fuori dai cardini".

Insomma dichiaro la mia personale simpatia nei confronti degli ignavi. Le ragioni sono almeno due: la prima è che, a volte, chi non agisce porta dentro di sé un tormento superiore a quanto ci si immagini, e questo va rispettato; la seconda è che io non mi fido troppo di chi agisce senza mai fermarsi a pensare, ma mi fido ancora meno di agisce sulla scorta di idee buone e giuste, che vuole imporre agli altri: si solito è un prepotente. E ai prepotenti preferisco gli ignavi, come me. Che sono, in fondo, o mi illudo di essere un rivoluzionario. A modo mio.

I libri consentanei di Ettore Iurilli

Bartleby lo scrivano

Di Herman Melville | Feltrinelli, 2015

I fannulloni nella valle fertile

Di Albert Cossery | Einaudi, 2016

Il rumore del tempo

Di Julian Barnes | Einaudi, 2017

Inferno. La Commedia di Dante raccontata da Claudio Giunta

Di Claudio Giunta | Feltrinelli, 2023

Amleto

Di William Shakespeare | Feltrinelli, 2013

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