Tenerezza, pena, senso di protezione, attenzione, condivisione… quale impulso scatena nel lettore la vista di un bambino in copertina? Rappresenta un’infanzia tradita, sofferta, malata, una vicenda costellata di rinunce e privazioni, o una vita serena, gioiosa, spensierata in un romanzo memorialistico?
È solo il desiderio di suscitare un sentimento che porta a rappresentare in copertina l’infanzia?
Talvolta il bambino è al centro della storia, creando la necessità oggettiva di raffigurarlo anche in copertina, ma non sempre è così. L’immagine dell’infanzia è evocativa, sottintende, attira, comunica.
Sarà un romanzo di formazione quello che leggerò, oppure il racconto di un’epoca. Può essere il simbolo della tragedia della guerra, come quello di un’esistenza dissoluta, violenta o semplicemente indifferente degli adulti. Dietro le pagine si nasconde la terribile verità di una vita familiare solo apparentemente felice?
Cappottini stretti o begli abiti di velluto, piedi nudi e scarpette leggere nel freddo inverno o liberi, in vacanza, in costume al mare, a divertirsi, ridendo, saltando, correndo.
Bambine e bambini di ogni paese, di ogni età, di ogni colore.
Se il bambino ci guarda è irresistibile, dobbiamo fermarci almeno qualche istante, osservarlo meglio, perché quello sguardo è sempre un dardo che colpisce, che suscita simpatia o tenerezza, che fa sorridere o piangere anche i più cinici.
Alla fine, mettere un bimbo in copertina porta a vendere di più? Sembrerebbe di sì, vista la notevole quantità di libri che si presentano con questo soggetto, non solo quando il genere lo richiede espressamente.
E proprio perché sono tantissimi, questa volta i libri sul comò diventano eccezionalmente venti, per una panoramica più ampia sul tema. Ma siamo certi che ne avrete in mente molti anche voi.
Cuore di Edmondo De Amicis è stato uno dei libri più letti e più criticati della nostra letteratura. Un breviario laico a cui affidarsi quando siamo tentati dall'egoismo, fondamentale in un'epoca in cui la cattiveria dilaga e genera disastri.
Con delicatezza ed eleganza, Enrico Losso ci guida alla scoperta di uno dei periodi più cupi della storia italiana: gli anni di piombo. Un ragazzo in cerca della sua identità e una donna che porta il peso delle proprie scelte si incontrano. E nulla sarà più come prima.
Titti Marrone scava nella Storia, apre gli archivi, incrocia documenti, foto, diari e lettere per trasporre in un romanzo la coraggiosa e commovente esperienza di Lingfield. La sua penna segue con delicata partecipazione l'incontro con l'infanzia di ciascun bambino, l'affiorare di traumi e ricordi dolorosi, il progressivo sciogliersi dei nodi più stretti. Fino all'inizio delle loro seconde vite.
Paradiso è la storia di Yusuf che, a dodici anni, viene dato in pegno dal padre, un locandiere pieno di debiti, a zio Aziz, un ricco mercante. Nel fermento della città, tra swahili, musulmani d’Africa, colonizzatori tedeschi, camionisti sikh, Yusuf ha il suo rifugio nel giardino paradisiaco al centro della casa.
«Tutto era peccato. Dire che reb Meir, il maestro, era un pazzo, era peccato. Correre era peccato, perché non si addiceva a un bravo bambino ebreo, ma a un monellaccio gentile. Dormire senza la kippah, anche nelle calde notti d’estate, era peccato. Qualsiasi cosa uno facesse era peccato. E ovviamente essere sfaccendati era peccato.»
La storia di un matrimonio contemporaneo in pericolo, una storia che risulta a tratti comica prima di diventare e restare disturbante: è lo specchio del nostro tempo, in cui la dimensione privata sfuma fino ad annullarsi, e davvero abbiamo tutti sempre bisogno di essere guardati dagli altri per esistere.
Un romanzo d’esordio potente e coraggioso, capace di raccontare con ironia e leggerezza la perdita dell’innocenza, la ribellione e i tentativi di riscatto di un bambino diventato adulto troppo in fretta.
Inizio anni sessanta, periferia di Parigi. Un palazzone nuovo, il segno del mondo che cambia. Claude è un bambino curioso e timido che ama leggere di nascosto, a letto, la sera, così come fanno i suoi fratelli grandi. L’infanzia e la giovinezza di un ragazzo del sessantotto: un mondo che cambia, la ricerca spasmodica della propria identità.
Figlie di una coppia di origine caraibica, June e Jennifer Gibbons, gemelle omozigote, fin dai primissimi anni appaiono unite da un legame fisico e psicologico così forte da rendere difficile l'accesso al loro mondo. Un libro-documento, impressionante immersione in uno dei casi psicologici più misteriosi, rivelatori e strazianti del secolo scorso.
Possiamo impedire a qualcuno di autodistruggersi? Da quasi trent'anni i genitori, il fratello e le sorelle, cercano di salvare da se stesso Romain; figlio/fratello alcolizzato, di una gentilezza sconcertante, capace di sconvolgere suo malgrado la vita di tutta la famiglia. Un romanzo densissimo e spietato sulle relazioni fra i membri di una famiglia perbene.
Catena Fiorello ci consegna un romanzo commovente sulle sfide della vita e sul potere della memoria. Perché, anche nei momenti più bui, il ricordo indelebile delle nostre radici e di chi abbiamo amato ci porterà lontano.
Siamo negli anni fra le due guerre e le travagliate vicende coinvolgono una famiglia terribilmente povera. Tutto ci arriva attraverso gli occhi e la voce del protagonista mentre vive le sue avventure. Questo ragazzino crea con le sue parole un prodigio di comicità e vitalità contagiose, dove tutte le atrocità diventano episodi e apparizioni di un viaggio battuto dal vento verso la terra promessa.
La scuola sta per finire, ma non sarà un'estate facile per la dodicenne Francie. Suo padre è disoccupato e per sbarcare il lunario raccoglie le giocate dei «numeri», la grande lotteria clandestina le cui estrazioni quotidiane sembrano scandire la vita degli abitanti di Harlem. E mentre tutti intorno a lei si arrabattano per sopravvivere, tra (rare) vincite e (molti) debiti, Francie affronta l'inizio dell'adolescenza.
"Cavallo d'acciaio" è composto da tre racconti indipendenti - "Il corpo", "In riva al mare" e "Pelikan" - che, attraversati dall'immagine del cavallo d'acciaio, danno vita a un gioco di richiami e simmetrie.
La guerra scuote drammaticamente ogni cosa, anche gli affetti e i legami più saldi, anche le convinzioni più intime e profonde. L'emozionante storia vera di Tammam Youssef, cardiochirurgo che durante la guerra in Siria ha salvato migliaia di bambini, contribuendo all'apertura di un centro di cardiochirurgia all'Ospedale pediatrico di Damasco.
Un romanzo tenero e crudele che smaschera le bugie di una famiglia e di un Paese. Un padre, Attilio Bonifazi, potente re dell'immondizia di Roma. Una figlia, Marta, che ha venerato il suo papà fino a quando qualcosa si è rotto, e l'odio si è fatto acuto quanto lo è stato l'amore. Così Marta ora è una ventiduenne obesa che trascorre le sue giornate senza mettere il naso fuori di casa. Sola, aggressiva, violenta e senza amici, a eccezione di Lorenzo, l'ex compagno di scuola educato e gentile. Il padre invece è un combattente, uno che non molla, anche quando tutto pare precipitare. Ma non sempre le cose sono come sembrano e la verità può affiorare nel modo più inaspettato.
In questo libro Massimo Recalcati si rivela commentatore lucido e originale della nostra vita collettiva degli ultimi vent’anni: le trasformazioni della famiglia, il disagio della giovinezza, il declino irreversibile dell’autorità paterna, il ricorso diffuso alla violenza, lo scientismo come nuova forma di religione, il culto ipermoderno del corpo in salute e del benessere.
Con la grazia di chi sa di maneggiare esistenze fragili e preziose e il rigore di un meticoloso lavoro di ricerca, Raffaella Romagnolo scrive un romanzo di dolore e rinascita su un momento storico da cui ancora oggi è impossibile distogliere lo sguardo.
Il seminatore è Lubo e la sua semina sono duecento figli. Duecento figli contro due: quelli che gli sono stati portati via senza ragione in una notte del 1939, quando il pensiero che certi popoli non avessero il diritto di esistere stava segnando il mondo. È questo il progetto di Lubo: inseminare il maggior numero possibile di donne svizzere, mescolare il sangue. Perché Lubo è uno zingaro, e questa è la sua vendetta contro la storia.
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