Un tuffo nella scienza

La storia di Wangari Maathai spiegata ai bambini

Illustrazione digitale di Adèle Baer, 2022

Illustrazione digitale di Adèle Baer, 2022

Wangari guardò in basso, disperata. La scala mobile la portava su, sempre più su…e la sua scarpetta rimaneva giù, sempre più giù!

Questa scena sembra tratta da una versione moderna di Cenerentola, e in effetti qualche somiglianza c’è. Solo che la scarpetta non è di cristallo, al posto della zucca c’è una borsa di studio, al posto del principe azzurro c’è un premio Nobel e al posto della Fata Turchina c’è la volontà di ferro di una donna sempre sorridente.

La nostra Cenerentola si chiamava Wangari Maathai: nacque a Nyeri, una cittadina dell’area rurale del Kenya centrale, nel 1940. All’epoca per una ragazza di Nyeri andare a scuola era molto insolito: fu uno dei suoi fratelli a suggerire che Wangari avesse quest’opportunità, e lei era così brava che la sua famiglia decise di mantenerla negli studi fino alla fine delle superiori. Non era affatto scontato, anche perché Wangari dovette allontanarsi dalla sua casa e dalla sua famiglia: di scuole per ragazze, dalle sue parti, non ce n’erano.

È a quel punto, finite le superiori, che arriva la zucca: un programma di formazione negli Stati Uniti, chiamato “ponte aereo Kennedy”, premia studenti meritevoli e copre loro le spese per laurearsi in America. Detto fatto, Wangari si ritrova dall’oggi al domani in un mondo completamente diverso, a migliaia di chilometri da casa, circondata da palazzi, autostrade e scale mobili. È lì che la troviamo a fare i conti con abitudini del tutto nuove, come la necessità di portare le scarpe, col rischio di perdersele ai piedi delle scale mobili. In quel caso un signore gentile le restituì la scarpa, ma gli inizi di quella nuova vita furono difficili: immagina che cosa significhi cambiare continente all’improvviso e trovarsi da sola, giovanissima, immersa in una cultura estranea. Fu l’entusiasmo di Wangari per lo studio della natura a permetterle di tenere duro: a ventisei anni si ritrovò con una laurea magistrale in biologia e tutte le carte in regola per tornare nel suo adorato Kenya, forte di tutto ciò che aveva imparato negli Stati Uniti. Purtroppo a Nairobi l’aspettavano matrigna e sorellastre.

Nel caso di Wangari il problema non erano parenti invidiose, ma colleghi disonesti. Sarebbe dovuta rientrare come assistente all’università di Nairobi, ma il suo capo non si fece problemi a rimangiarsi la parola data e assegnare il posto a un collega meno preparato. Ed era solo l’inizio.

Mentre continuava a studiare a Nairobi, questa volta per conseguire un dottorato - fu la prima donna a ottenerlo in tutta l’Africa centro-orientale! - Wangari si rese conto che il Kenya era in condizioni molto peggiori di come l’aveva lasciato. Ora che il Paese aveva ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito, il potere era nelle mani di pochi uomini corrotti, che pensavano solo a riempirsi le tasche e non tenevano in alcun conto il bene della comunità. Tutto questo sfociava in una gestione delle risorse del tutto spregiudicata: le foreste erano abbattute per lasciare il posto a coltivazioni redditizie senza criterio, l’acqua dei fiumi era inquinata, gli abitanti a cui un tempo non mancava nulla erano ridotti alla fame. Come avrebbe potuto fare la sua parte per migliorare le cose? Be’, era una biologa. Conosceva la natura. E conosceva il potere degli alberi.

Piantare un albero è un gesto carico di progettualità. Un giorno l’albero darà frutti commestibili, ma non solo: sarà un elemento del paesaggio, donerà stabilità e nutrimento al suolo, fornirà legna, ombra e riparo agli animali, combatterà la desertificazione. Sarà per le famiglie una fonte di sostentamento e per le donne un modo di rendersi indipendenti e libere. Un albero è tutto questo: e tanti alberi?

Tanti alberi diventarono una vera e propria rivoluzione, chiamata Green belt movement: “movimento della cintura verde”. Wangari scelse di combattere per il Kenya proprio così, piantando alberi. Non a caso, come capitava, ma in base all’ecologia del territorio, all’habitat necessario a ciascuna specie perché crescesse nel rispetto dell’ambiente circostante. Le sue migliori alleate furono le donne, che tradizionalmente avevano il compito di curare la casa e la famiglia ed erano ben consapevoli di come il Paese stesse andando in rovina. L’idea germogliò nel 1977 e si diffuse come una bella notizia, prima all’interno del Kenya, e poi anche fuori, per contagiare gran parte dell’Africa. Si stima che il movimento abbia contribuito a piantare trenta milioni di alberi. Non fu uno scherzo: Wangari aveva molti nemici, proprio perché la sua attività contrastava con le politiche di chi si arricchiva a scapito del benessere della popolazione. Le conseguenze naturalistiche, economiche e sociali del rimboschimento furono così grandi che nel 2004 Wangari ricevette il premio Nobel per la Pace. Altro che Cenerentola!

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